(E. Sisti) – La sfida è essenzialmente contro se stessi: «Firmo per arrivare ai punti dello scorso anno». Garcia un po’ si tradisce: «Però stavolta a 85 la Roma vince e comunque pretendiamo almeno un titolo». Non è detto due volte: che la Roma si ripeta e che a 85 punti si conquisti lo scudetto. Ma è sempre meglio crederci, fa sangue. A tratti la Roma si offre come una squadra bellissima («è la più forte del campionato», si affretta a precisare Stramaccioni, chissà se più da tifoso, da ex- dipendente giallorosso o da tecnico dell’Udinese), altre volte quella strana abitudine a rallentare la rende opaca, come se improvvisamente il talento dei suoi, per oscure ragioni, preferisse uscire dai binari piuttosto che mordere l’avversario. La Juventus sta sempre lì, a volte vicinissima a volte no.
Garcia è felice che la sosta gli abbia restituito lo Strootman vero, l’olandese, se veramente al 100%, può fare la differenza di qui a maggio e non è detto che oggi non possa giocare dal primo minuto visto che Nainggolan è diffidato e sarebbe un peccato e una colpa metterlo in condizione di saltare il derby di domenica. Dice anche che la rosa sopperirà al fastidio di aver dovuto foraggiare in modo così pesante la Coppa d’Africa (Gervinho e Keita), applaude il rinnovo di Florenzi e riconosce che bisognerebbe prendere esempio da Ljajic: «Adem non ha aspettato che Gervinho se ne andasse per mostrare la sua importanza nella squadra». E così si aspetta «da tutti la stessa cosa: prendere questo spazio vuoto». Insomma imporsi con la personalità, il vuoto esiste per essere riempito, va sfruttato, occupazione di territori neutri, iniziativa, rapidità di pensiero, anticipo. Con un tweet prima della partenza verso la partita di Totti e Di Natale, uniti verso i 450 gol e forti dei loro 75 anni, il tecnico chiarisce che il gruppo per lui c’è malgrado qualche nuvola: «I miei danno tutto per la maglia, è il marchio di fabbrica della Roma». Confermare subito altrimenti Juve scappare.