(L. Valdiserri) – A figli sull’orlo del pianto per lo 0-0 contro il Parma — praticamente già retrocesso e con i giocatori pronti a mettere in mora la società delle mille promesse non mantenute — genitori romanisti di lunga militanza hanno ricordato, come il passaggio di un’eredità, il famoso Roma-Lecce che costò uno scudetto già vinto e il Venezia- Roma dell’era-Capello che ne costò almeno altro mezzo. Come dire: c’è di peggio. In verità, molto peggio della Roma vista ieri all’Olimpico c’è poco.
Una squadra lenta, con De Rossi e Keita incapaci di verticalizzare e di surrogare le assenze di Totti e Pjanic, che è molto criticato a Roma ma che è indispensabile per costruire gioco; un attacco che non trova più la via del gol; una «pareggite » che non è stata curata dalla vittoria di Cagliari; una sindrome da stadio Olimpico che parla di 5 pareggi casalinghi nelle ultime 5 gare (Sassuolo, Milan, Lazio, Empoli e Parma, ultima vittoria il 30 novembre 2014 contro l’Inter); l’occasione sprecata di non blindare il secondo posto e i milioni certi della Champions League approfittando della sconfitta del Napoli a Palermo. Della Juventus meglio non parlare. Sarebbe prendere in giro i tifosi. Florenzi, ieri il migliore (o il meno peggio) insieme a Nainggolan e Ljajic, incomprensibilmente sostituito a un quarto d’ora dalla fine, ha sintetizzato:«Le squadre che vengono all’Olimpico non hanno più paura della Roma». Non l’ha avuta nemmeno il Parma, che può contare solamente sull’orgoglio e che, soprattutto, aveva giocato mercoledì scorso il recupero contro il Chievo. Gli emiliani, perciò dovevano avere meno motivazioni e meno energie della Roma.
Allo stadio è sembrato il contrario. Solo chi non fa non sbaglia e Rudi Garcia, che aveva preso questa squadra dalle ceneri della finale di Coppa Italia persa contro la Lazio, ha fatto molto per riportare la Roma a un livello importante. Nei suoi 19 mesi in panchina, la squadra non è mai scesa sotto il secondo posto. Ieri, però, ha sbagliato qualcosa di più di una formazione o di uno schema. Ha infranto una regola importante dello spogliatoio: il lavoro settimanale. Ha mandato infatti in campo Doumbia e Gervinho, che erano arrivati soltanto venerdì dopo la vittoria della Costa d’Africa e abbondanti feste in Costa d’Avorio. Nessuno dei due è sembrato in condizione, fisica ma soprattutto mentale, per giocare. Il primo ha sbagliato tutto ed è stato crudelmente fischiato al momento della sostituzione. Non era in grado, per ora, di giocare. Il senza voto in pagella si spiega così. Gervinho è stato altrettanto negativo, con l’aggravante di essere abituato da anni agli schemi di Garcia. Visto il rendimento dei due ivoriani, cosa possono pensare i giovani (Verde, Sanabria, Paredes…) che si sono allenati ma si sono visti scavalcati da chi era appena sceso dall’aereo? Il Parma ha meritato il punto, senza speculare mai con falli e perdite di tempo. Ennesima lezione di stile e serietà di Donadoni, allenatore che ha un solo difetto: è poco mediatico.