(A. Catapano/V. Piccioni) Carlo Tavecchio ha appena detto che non è cambiato nulla. Che un ufficio in Federcalcio per Claudio Lotito non c’è mai stato — specificando che ha invece una stanza Maurizio Beretta in quanto vicepresidente vicario, ma, presumibilmente, disponibile a cedere spesso e volentieri il suo spazio a via Allegri — e che quindi non è cambiato nulla con la delega delle riforme «avocata al presidente». Ma in agguato c’è un pasticciaccio. Sotto le insegne della clausola compromissoria. Arriva una domanda in zona Cesarini nella conferenza stampa del consiglio federale sulla decisione di Lotito di querelare Pino Iodice: «Ha avuto la deroga?». Tavecchio risponde di istinto: «Non ce n’è bisogno, quando un soggetto è denunciato da un altro non serve l’autorizzazione».
NESSUNA DENUNCIA L’affare, però, si complica nelle ore successive. Quando Pino Iodice torna alla carica con la sua versione: «Non ho mai denunciato Lotito, sono stato sentito come persona informata dei fatti dalla Procura della Repubblica di Napoli». Dunque, in base alla ricostruzione del d.g. dell’Ischia protagonista della telefonata famigerata, la controdenuncia del presidente della Lazio è una denuncia e basta, per diffamazione, quindi oltre la pubblicizzazione della telefonate, e figura inevitabilmente a pieno titolo sotto l’ombrello della clausola compromissoria.
LA CLAUSOLA C’É E in effetti si viene a sapere che una richiesta di Lotito c’è stata, come da Codice, e che, ecco la stranezza, ha già avuto una risposta positiva (in 24 ore!) sull’asse parere della commissione consultiva (di cui fanno parte tutte le componenti)- decisione del presidente, che però sarebbe dovuta arrivare dopo una ratifica del Consiglio federale. É probabile che Tavecchio abbia dunque presentato istintivamente come scontata l’autorizzazione a un diritto di autodifesa nei confronti delle accuse formulate da un terzo fuori dal sistema sportivo, anche se Iodice — come abbiamo visto — non ha mai sporto denuncia o esposto.
«LO DENUNCIO SUBITO» Il clamore della vicenda viene moltiplicato dalla collezione di precedenti degli ultimi mesi. Arbitri picchiati che aspettano da mesi o i protagonisti della guerra in Lega Pro che attendono da dicembre. E l’amministratore delegato della Juventus, Beppe Marotta, che aveva chiesto l’autorizzazione (negata) a sporgere querela dopo una irriguardosa frase dello stesso Lotito nei suoi confronti? Non a caso, ieri il dirigente bianconero ha commentato così le parole di Tavecchio: «Bene, allora vado subito a denunciare Lotito».
NIENTE VETI E ovviamente la vicenda clausola compromissoria, con la deroga concessa a tempo di record a Lotito, rimbalza sul nuovo scenario disegnato dall’incontro di Tavecchio con Delrio e Malagò, che ha portato la delega delle riforme in mano al presidente federale. Che ieri — a proposito della commissione riforme che dovrebbe finalmente arrivare alla fumata bianca del nuovo format dei campionati — ha ribadito che ogni componente ha una sua autonomia. Insomma, i club di serie A hanno tutto il diritto di scegliere Claudio Lotito. E «non c’è un veto di Delrio e di Malagò per nessuno», parole di Tavecchio. Ma al di là di veti e clausole, quanto è ancora ingombrante il potere di Lotito in Federcalcio?