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GAZZETTA DELLO SPORT La Lega è il motore. E lì Claudio Magno detta ancora legge

Lotito
Lotito

(M.Iaria) – A Claudio Lotito, subito dopo il trionfo elettorale dell’estate, era stato riservato un ufficio in via Allegri. Presente al tavolo delle conferenze importanti del c.t. Conte, il patron della Lazio aveva preso l’abitudine di girare al seguito della Nazionale: quella volta che indossò il giaccone azzurro scoppiò un caso clamoroso. Simboli di un potere sconfinato. Tutto questo, ora che le deleghe alle riforme gli sono state tolte, cambierà? L’automatismo non c’è, anche se è probabile che l’esposizione mediatica del Lotito federale verrà opportunamente ridotta.

CHIAVE La domanda delle domande, però, è un’altra: muterà davvero qualcosa, di concreto, nella politica del pallone? D’ora in poi, è chiaro, qualche argine verrà posto ma sbaglia chi pensa che la figura di Lotito non sarà più centrale nel palazzo. Il motivo è semplice: Lotito è espressione della Lega di Serie A, il motore economico di tutto il sistema. A meno di improbabili ribaltoni a Milano, il presidente biancoceleste continuerà ad avere in mano la golden share della Lega maggiore. E di conseguenza a rappresentare uno degli interlocutori- chiave dei giochi di potere che attraversano trasversalmente le componenti. Certo, bisognerà capire come finirà la bagarre in Lega Pro, dove l’altro ieri il fronte Macalli-Lotito ha vinto ai punti, seppur in uno scenario da Vietnam assembleare. Ma non dimentichiamo che gli equilibri, in un mondo così orientato al business, sono mossi dal denaro. E il denaro, nel sistema teledipendente e centralistico del calcio italiano, ce l’ha in mano la Lega di A che devolve alla mutualità il 10% dei proventi dei diritti tv: 100 milioni a stagione, che diventeranno 120 dal 2015-16. Quindi, un conto è la Federazione, un altro la Lega. Lotito resta consigliere federale, in quota alla Serie A al pari del presidente Maurizio Beretta e di Gino Pozzo dell’Udinese. Ciò significa che continuerà a frequentare le riunioni in Figc, comprese quelle del comitato di presidenza di cui fa parte con Tavecchio, Belloli, Beretta e Ulivieri. Solo la Lega di A potrebbe decidere di spostare Lotito dal centro della scena. In via Rosellini la telefonata-choc col d.g. dell’Ischia Iodice non aveva provocato smottamenti negli schieramenti della Serie A.

SCHIERAMENTI Juventus e Roma, dissidenti radicali, avevano ribadito la loro netta divergenza rispetto alla gestione lotitiana, con i bianconeri a invocare l’intervento del Governo. Si era unita la Fiorentina, in maniera chiara e forte. Le altre società che in estate si erano mosse (salvo fare poi retromarcia) per togliere l’appoggio alla candidatura di Tavecchio dopo la frase su Optì Poba, stavolta erano apparse meno battagliere, probabilmente rassegnate allo status quo. Insomma 17 a 3 per il governo in mano all’asse Lotito-Galliani. Non si sa se l’intervento di Tavecchio potrà in qualche modo ravvivare l’opposizione. Alcuni club della «terra di mezzo » (né alleati ferrei del governo, né barricaderi) apparivano scettici. Solo ribaltando quel 17 a 3 cambierebbe veramente qualcosa, cambierebbe tutto.

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