(M. Cecchini) – Proprietà americana, dirigenza italiana, allenatore francese, scritta sulla maglia in cinese e quattro africani titolari sono elementi sufficienti, per la Roma, per partorire una delusione mondiale, soprattutto alla luce della agognata rimonta alla Juve fermata sul pari. Insomma, proprio nel giorno della diretta tv in Cina, gli orientali si saranno stupiti nel vedere il Parma, ultimo, raggiungere con merito il primo pari esterno del campionato (9 k.o. e una vittoria) alla vigilia della partita più difficile, quella che mette in ballo la sopravvivenza del club. Onore al gruppo di Donadoni, che firma l’impresa della giornata dimostrando voglia di esistere e dignità, a dispetto delle miserie del nostro calcio ammalato di dietrologie. Contro il Parma, la squadra di Garcia, pur vantando 37 punti in più, non riesce ad andare oltre uno 00 che sancisce come all’Olimpico non sappia più vincere. L’ultimo successo risale ormai al 30 novembre: da quel momento, in 8 match fra campionato e Coppe la Roma ha messo insieme 6 pari (al 90’) e 2 k.o (vedi sotto i dettagli). Nessuna sorpresa, perciò, che l’Olimpico fischi, gridando in sovrappiù: «C’avete rotto er ca…». Come dire, pazienza finita, perché in tanti non capiscono l’ostracismo ai baby (Paredes, Sanabria e Verde) dinanzi all’impiego degli stravolti – da vittoria e viaggi – Gervinho e Doumbia.
DOUMBIA, CHE FLOP Contro un Parma sull’orlo del baratro, fa un po’ sorridere dover annotare come la Roma accusi le assenze di Totti, Pjanic e Maicon, che di sicuro però sanno assicurare gioco ad una formazione che ne avrebbe bisogno. Assegnata la fascia sinistra al rispolverato Cole e la destra a Florenzi, De Rossi si piazza come vertice basso davanti alla difesa, mentre Nainggolan e Keita ai suoi lati si scambiano continuamente di posizione. A dispetto del 68% complessivo di possesso palla, il guizzo comunque latita, tant’è che spesso Ljajic e Gervinho, a turno, si muovono da trequartisti, oppure – per creare superiorità – provano a piazzarsi sulla stessa corsia. Visto però che per un tempo i ritmi sono quasi dopolavoristici, le uniche fiammate sono dello stesso Ljajic, che viene una volta contrato da Cassani in un tiro a botta sicura e poi calcia fuori dopo un assolo degno di miglior finale. L’unico intervento vero di Mirante, perciò, è su un colpo di testa di Keita. D’altronde, con Doumbia in versione «cosa ci faccio qui» e Gervinho a scartamento ridotto, infatti, il Parma fa la sua figura, visto che Donadoni piazza Nocerino alle spalle di Belfodil con l’incarico di pressare i portatori di palla, mentre Varela e Rodriguez si industriano a ripartire sulle corsie, lasciando a Mariga e al bravo Mauri il compito di coprire la retroguardia.
COLE AL PALO Consumati 45 minuti sotto ritmo, la Roma si scuote un po’ nella ripresa soprattutto col passaggio al 4231 propiziato dall’ingresso del baby Verde al posto di De Rossi, sotto tono e sotto ritmo così come Keita. E’ il momento migliore dei giallorossi, che soprattutto sulla corsia di destra – dominata spesso da Florenzi – creano diversi pericoli. A latitare però, al solito, sono le buone conclusioni. Mirante infatti, deve intervenire solo una volta su Gervinho, mentre vicino ai titoli di coda è Cole a colpire il palo di testa. Per il resto, da segnalare solo gli errori di mira in serie di Nainggolan, Cole e Verde. Tutto sommato abbastanza poco, perché il Parma finisce addirittura giocando la palla con serenità, tra gli applausi della pattuglia di tifosi emiliani che alla fine canteranno ai romanisti un assai ironico: «Vincerete il tricolore». Intendiamoci, tutto è possibile. Per questo l’«in bocca al lupo» al club emiliano, in chiave finanziaria, è doveroso.