(A. Catapano) Arrivano i dollari, anzi gli euro. Non è l’eredità del film di Alberto Sordi, ma il rifinanziamento con cui James Pallotta ripianerà l’indebitamento (circa 130 milioni) e sosterrà le spese correnti.
Un’operazione — che diventerà operativa con il closing entro questa settimana — in perfetto stile Thohir. Solo che nel caso del magnate indonesiano e dell’Inter c’erano in ballo più di 200 milioni. Qui, «appena» 175, raccolti tra diversi investitori internazionali dalla stessa banca, l’americana Goldman Sachs, ma girati al club dall’italianissima UniCredit, che uscita dalla porta meno di un anno fa rientra a Trigoria da una finestra. L’istituto di credito, già finanziatore della Sensi e socio prima di DiBenedetto poi di Pallotta, elargirà tecnicamente i crediti e, in cambio, avrà in pegno il controllo della newco (chiamata Asr media sponsorship) appositamente creata per garantire il prestito (da restituire con un tasso del 6,25%), in cui confluiranno le migliori fonti di ricavo del club, quelle che consentiranno a Pallotta di strappare rating e interessi migliori: il marchio, le sponsorizzazioni, i diritti tv, la radio e la tv ufficiali. Manovra abile, ma non un inedito: già la Roma della Sensi varò operazioni analoghe.
SERVONO ALTRI SOLDI Il precedente non lascia tranquilli i tifosi. Anche perché prossimamente Goldman Sachs sarà richiamata in causa per finanziare l’operazione-stadio, con aperture di credito da 300 milioni, più o meno il valore delle opere pubbliche richieste dal Comune perché il nuovo impianto di Tor di Valle (e il Business park che vi sorgerà intorno) abbiano il bollino di «pubblica utilità». Dopo l’approvazione dell’assemblea comunale, lo studio di fattibilità è tornato nelle mani di Pallotta e del costruttore Parnasi perché diventasse un progetto esecutivo, da sottoporre nuovamente all’approvazione del Comune prima di passare alla Regione, che tra l’altro ha già fatto sapere che non concederà corsie preferenziali. Sono trascorsi quasi due mesi e del progetto non c’è ancora traccia. Pallotta è atteso a Roma a fine mese. Ma intanto la previsione della posa della prima pietra è slittata da giugno a novembre, ulteriori slittamenti al 2016 potrebbero far scattare delle penali con i finanziatori. Il problema è chi paga tutte quelle opere pubbliche. Ecco perché un altro accordo con Goldman Sachs è urgente.