(D. Stoppini) Magari ha ragione Rudi Garcia. Magari davvero basta un episodio per sbloccare la Roma, per immaginare che non appena smetterà di piovere — ma quando? — subito dopo splenderà un sole d’agosto. Del doman non v’è certezza, in fondo. Del passato sì, però. E lì dentro si trovano tante risposte. È che a forza di scavare, a volte, si fanno più danni che scoperte. La verità è in superficie, molto più banale e facilmente raggiungibile. Basta il gioco delle figurine, per capire dov’è finita la Roma. Quella che aveva fatto parlare di sé in Italia e in Europa per il suo modo di proporsi, non c’è più. È sparita, inutile cercarla ancora. È sparita perché questa è semplicemente un’altra squadra, con caratteristiche diverse, in alcuni casi persino opposte nei suoi protagonisti. È una Roma molto banalmente meno forte, almeno nella sua formazione base, se ancora nel calcio moderno è possibile parlare di formazione base. È di sicuro più profonda nelle scelte, per carità: più ricambi in panchina, un numero di alternative degne di una squadra al top. Ma negli undici no: almeno non nel rendimento e certamente neppure nella personalità dei giocatori, caratteristiche predominanti della prima Roma di Rudi Garcia.
E allora eccola, la spiegazione numero uno. Oltre la mancanza di brillantezza nelle gambe, oltre il calo di motivazione in qualche testa (chissà perché, poi), oltre l’età che avanza per alcuni protagonisti, oltre un mercato di gennaio poco «riparatore». Basta confrontare i due campetti qui sotto per farsi un’idea: per «sbloccare» la stagione nei prossimi 10 giorni, quale squadra sceglierebbe Garcia? Questa Roma qui, quella che non vince in casa al 90’ dal 30 novembre, non ha neppure la metà della personalità che in campo mettevano Benatia, Castan, Strootman e Maicon: il primo non c’è più per scelta, il secondo e il terzo di fatto Garcia non li ha mai avuti, del quarto si sono perse le tracce. Al suo posto si alternano Florenzi e Torosidis: non è la stessa cosa. Non è lo stesso neppure a sinistra: Balzaretti e Dodò hanno fatto meglio di quanto abbiano fatto finora la coppia HolebasCole. Al centro, neppure a parlarne: al di là delle doti di marcatura, un’azione che parte dai piedi di Manolas e YangaMbiwa non sarà mai pulita come una avviata da Benatia e Castan. A centrocampo, detto del calo di rendimento di De Rossi e Pjanic, la perdita di Strootman non può essere compensata neanche dal miglior Nainggolan. Sì, in attacco è esploso Ljajic. Ma l’alchimia che nella prima parte della scorsa stagione aveva trovato il tridente FlorenziTottiGervinho, ora pare un miraggio. Come sembra difficile immaginare che, non fosse altro che per motivi di condizione, la seconda parte dello scorso campionato di Destro possa essere eguagliata da Doumbia. Questa è la base di ogni discorso. Il resto è sostanzioso contorno.