(U. Trani) – Se questa è la Roma, il campionato finisce qui. Alla giornata numero 23. Ne mancano ancora 15 (45 punti a disposizione) e sembrano inutili. Non è, però, il Parma ultimo, e vicino sia al fallimento che alla retrocessione, a smascherare il bluff giallorosso, ormai non più solo di parola. Lo 0 a 0 casalingo, il quinto pari del 2015, certifica, una volte per tutte, l’involuzione del gruppo che l’anno scorso, anche se solo per metà stagione, è stato capace di regalare emozioni stupende e prestazioni sublimi. Il gioco non c’è più. E senza non si vince. Contro nessuno. Nè contro le big, nè contro le provinciali. All’Olimpico il successo manca dal 30 novembre, gara contro l’Inter di Mancini. Sono 2 mesi e mezzo buttati al vento. Con Garcia che, più confuso dei suoi giocatori, assiste senza intervenire. Eppure anche la Juve fatica. Dietro, però, non c’è nessuna squadra a inseguire. Secondo, ancora a 7 punti, è questo gruppo senza anima. E senza copione. Che somiglia, nella sua stesura indecifrabile, alla scritta comparsa sulle maglie. Ideogrammi per il Capodanno. Che si festeggia in Cina e non certo qui. Dove lo champagne è in frigo da tempo. E non si può certo stappare solo perché il Napoli terzo perde a Palermo e scivola a meno 5.
BASTA ALIBI La Roma è evaporata il 5 ottobre allo Stadium, nel pomeriggio dell’ingiusta sconfitta contro il campioni d’Italia. A Torino l’arbitro Rocchi fu più decisivo di Tevez. Ma non abbastanza per giustificare la resa. Così come non ha più senso parlare di preparazione sbagliata. O peggio ancora di sfortuna. Garcia contro il Parma ha avuto la possibilità di mandare in campo dall’inizio Gervinho, di far debuttare Doumbia, di far riposare Maicon e Totti (nemmeno convocati), di preservare Pjanic per l’Europa League (in panchina, giovedì arriva il Feyenoord per l’andata dei sedicesimi) e di recuperare De Rossi. E’ vero che mancano lo squalificato Holebas e gli infortunati Strootman, Iturbe e Ibarbo. Donadoni, però sta peggio del collega. Cassano ha salutato, altri oggi potrebbero seguirlo. La rosa giallorossa garantisce sempre e comunque più scelta. Il problema è proprio quello. Il francese di Neumors, ormai da quattro mesi abbondanti, ha perso il controllo della situazione. Tatticamente gli interpreti sono slegati. Non sanno nè attaccare nè difendere.
PRESUNZIONE E SUPERFICIALITÀ L’Olimpico fischia la Roma solo alla fine. E Doumbia quando esce, al minuto 40 della ripresa. L’ultimo arrivato è stato buttato in campo senza un perché. Con un allenamento nelle gambe e nel 4-3-3 che poi è diventato 4-2-3-1. Prima con Keita trequartista, poi con Paredes. Si salvano pochi. Non Gervinho. Guarda caso Florenzi che non ha più un ruolo e almeno si divora la fascia destra, Cole che è ai margini da un pezzo e si ferma al palo, Nainggolan che corre e gioca per conto suo, Ljajic che lascia il campo senza avere alcuna responsabilità di questo flop, e Verde che viene dalla Primavera. Già i giovani. Garcia di solito preferisce i senatori. Inspiegabile la raffica sparata, a salve, contro il Parma: Verde, Paredes e Sanabria. Tanto rumore per nulla.