(A.Serafini) – Sfumata la possibilità di passare dalla porta principale, non rimane che l’ingresso secondario. Arrivare fino in fondo sarà comunque dura per la Roma, pronta ad esordire domani in Europa League nell’andata dei sedicesimi di finale contro gli olandesi del Feyenoord. Si sa, il fascino della Champions League è tutt’altra cosa, così come l’atmosfera che circonda una competizione di secondo piano, sia a livello di visibilità che di introiti economici. Basti considerare che tagliare il traguardo della finale di Varsavia in programma il prossimo 27 maggio e tornare a casa con la coppa ,non vale più di 15 milioni, cifre irrisorie rispetto ai premi riservati alle partecipanti della Champions. Giusto per fare un esempio, lo scorso anno il Siviglia (partiti dalla prima fase eliminatoria) raggiunse quota 14,6 milioni soltanto dopo aver trionfato nella finale di Torino.
Dopo l’uscita dal girone quindi (che ha già fruttato quasi 35 milioni), i giallorossi potrebbero arrivare fino ad un massimo di 7 milioni raggiungibili in un percorso comunque lungo e pieno di insidie. A questo poi potrebbero essere aggiunti i diritti di mercato (lo scorso anno la Juventus semifinalista prese 5 milioni) oltre agli incassi del botteghino. Anche in questo caso nelle previsioni i numeri saranno molto più bassi rispetto a quelli registrati finora dalla Roma nelle 3 gare eliminatorie del girone: visti gli orari dell’Europa League (domani calcio d’inizio alle 19) pensare di registrare il tutto esaurito almeno nei primi turni risulta praticamente impossibile. A Trigoria infatti è già stato previsto un calo del 30% di affluenza del pubblico e conseguentemente di introiti a causa della riduzione del costo dei biglietti.
Risulta quindi fondamentale la priorità di qualificarsi direttamente per il torneo più prestigioso anche nel prossimo anno: mantenere nel lungo periodo almeno il secondo posto in campionato per garantirsi al botteghino sfide di primissimo livello con i top club europei (il record stagionale è con il Bayern Monaco, 62.292 spettatori e più di 3 milioni di incasso). Dati analizzati soltanto negli uffici di Trigoria, ma che di certo poco importano alla sfera tecnica guidata da Rudi Garcia. La possibilità di giocarsi una competizione europea è considerata una priorità all’interno del centro sportivo, una vetrina internazionale per acquisire maggiore esperienza dopo anni di salti nel vuoto. Dall’avvento della nuova proprietà americana, la Roma può tristemente registrare soltanto la brutta figura collezionata da Luis Enrique, spedito a casa nell’agosto 2011 dallo Slovan Bratislava nel turno preliminare di Europa League. L’ultima apparizione risale alla stagione 2009/2010 quando con Ranieri in panchina, i giallorossi chiusero in testa il girone prima di abbandonare la competizione ai sedicesimi di finale con una doppia sconfitta rifilata dai greci del Panathinaikos.
Per la prima volta nella sua storia invece, la Roma affronterà nella stessa stagione sia la Champions che l’Europa League. Per gli amanti del ranking Uefa, la presenza di sei italiane in Europa (Roma, Fiorentina, Napoli, Inter, Torino e la Juventus unica rappresentante in Champions) rimane un segnale incoraggiante per tenere in cassaforte il quarto posto nella classifica generale e aumentare il divario con il Portogallo. Raggiungere il gradino più basso del podio occupato dalla Germania rimane comunque un miraggio, ma considerato il momento, mantenere l’attuale posizione sarebbe già un successo.