(C. Bonini) – Stuprata nei luoghi per cui è famosa nel mondo, per una notte e un giorno, Roma viene consegnata ai Lanzichenecchi che il calendario Uefa le ha sorteggiato. Olandesi di Rotterdam, stavolta. Gli hooligan nazisti dell’Scf Feyenoord. Tra i peggiori in Europa. E non da ieri. Da una quindicina d’anni almeno. Un’orda gonfia di birra da orinare sulla statua di Giordano Bruno e nella Barcaccia del Bernini, in una piazza di Spagna ridotta a pitale e pattumiera da esibire come scalpo della conquista. Una falange satura di rabbia da sfogare lì dove — è noto — chi rompe non paga mai davvero dazio. Perché i pochi «condannati per direttissima a pene esemplari» (8 mesi di reclusione e 45 mila euro di multa) stamattina saranno su un aereo verso casa e non vedranno le nostre galere neppure in cartolina. E così, quando torna il buio e, con lui, la paura per un’altra notte «che Iddio la mandi buona», la domanda finisce con l’essere sempre e di nuovo la stessa: come è stato possibile? Perché il cuore della città, quello che normalmente che non è consentito neppure lambire a un corteo di cassaintegrati, ai terremotati dell’Aquila, agli studenti universitari, è stato offerto a un migliaio di animali con una sciarpa al collo?
Ebbene, perennemente uguale a se stesso, il canovaccio italiano propone la risposta di sempre. Di roboante enfasi nelle parole. Di burocratica impotenza nella prassi. La nostra polizia — riferiscono così fonti qualificate del Dipartimento di pubblica sicurezza — «ha scambiato negli ultimi due mesi 15 note informative con quella olandese senza ricevere alcun cenno della possibilità che almeno mille sarebbero stati i tifosi senza biglietto che avrebbero raggiunto l’Italia con mezzi propri e fuori da ogni circuito controllabile ». Questura e Prefettura, osservano che «non era possibile trasformare il centro storico di Roma in un campo di battaglia » e, dunque, che «le decisioni di ordine pubblico», come quelle di non usare lacrimogeni, contenere il numero e la violenza delle cariche, «sono state attentamente ponderate per evitare il peggio ». Sorpresi prima, dunque. Prudenti dopo. In una logica non nuova quando il Calcio incrocia l’ordine pubblico. E che ha un nome tecnico: «Riduzione del danno ».
Un anno fa, finale di coppa Italia Napoli-Fiorentina, il prezzo fu la genuflessione dello Stato a Genny ‘a carogna in diretta televisiva. Perché «non farlo», si disse, «avrebbe esposto Roma a una notte di guerriglia». Ieri, in campo de’ Fiori e piazza di Spagna, ci si è acconciati a sopportare lo sfregio della nostra Bellezza. «Perché caricare alla prima offesa » al capolavoro di Bernini «avrebbe messo a rischio l’incolumità di centinaia di turisti a spasso per il centro». Allora, come oggi, il ministro dell’Interno Alfano non era in sede. Un anno fa era in volo verso Roma di ritorno da un comizio elettorale in Sicilia. Ieri, era in volo verso Wa- shington atteso dal vertice internazionale contro la minaccia jihadista. E ieri, come oggi, diventa bersaglio prima ancora che della polemica politica, del sarcasmo fulminante dei suoi uomini. Come un funzionario addetto al filtraggio dei tifosi olandesi ai cancelli della curva nord dell’Olimpico: «Qui non si riesce a difendere il centro di Roma da mille ubriachi, figurati il Paese dall’Isis».
I parrucconi dell’Uefa — solerti in passato ad alzare il sopracciglio di fronte «alla brutalità delle forze di polizia italiane» — non hanno naturalmente avuto parole o ragioni plausibili da offrire alla domanda più semplice: perché consentire a una delle tifoserie più violente di Europa (già bandita nel 2009 da tutti gli stadi del continente) di seguire la propria squadra in trasferta? Né il ministero dell’Interno o i nostri “osservatori sulle manifestazioni sportive” hanno avuto in questi mesi il sentore o l’ardire di considerare l’arrivo degli olandesi una calamità tale da imporre decisioni straordinarie del governo del calcio europeo. Ci si è dunque attrezzati come sempre alle nostre latitudini. Ordinanze prefettizie per «vietare la vendita degli alcolici dalle 20 del giorno prima» (come se questo bastasse a impedire di fare scorte nei supermercati) e 1.300 uomini in tenuta antisommossa (uno spiegamento di forze che non si vedeva in città da tempo) per fronteggiare con il cannone un esercito di ubriachi imprendibile come mosche.
Il Governo dice ora che «non accadrà più». Che «la vergogna non si ripeterà». Anche queste, parole non nuove. Che non rispondono alla domanda cruda, ma vera, che poco prima delle 23, di fronte all’Olimpico, un poliziotto sfinito rivolge mentre sale sul blindato che lo porta verso il centro storico: «Qualcuno mi spiegherà prima o poi cosa devo fare se vedo un tifoso orinare a piazza Navona?».