(R. Perrone) – Dottor Giorgio Chiellini, 31 anni da compiere la vigilia di ferragosto, difensore della Juventus e della Nazionale, qui incombe la Roma, si è ripreso dal tonfo con il Borussia Dortmund? «Una cosa inaspettata, imprevedibile, m’è scivolato il piede. È successo mentre ero lontano dalla palla. Se ce l’hai tra i piedi puoi ancora tentare qualcosa. Così fai solo il Fantozzi della situazione e speri che ci sia un compagno vicino. Si supera stando tranquilli, giocando. Dopo lo shock, resetti e vai avanti».
Lei ha questa immagine di giocatore forte, fisico, atletico. Dietro cosa c’è?«Giorgio Chiellini nato a Pisa, ma solo per l’ospedale, e cresciuto a Livorno».
Perché a Pisa? «Mio babbo Fabio lavorava a Pisa, come medico sportivo, l’ostetrica di mamma Lucia stava lì e poi era un parto gemellare un po’ complicato».
Quanti fratelli ha? «Claudio, il mio gemello, poi i miei si sono separati e mio padre ha avuto altri due figli, Giulio e Silvia».
Come va la famiglia allargata? «I primi anni sono stati difficili ma l’abbiamo superata bene, ci capita anche di festeggiare tutti insieme».
Lei appartiene alla categoria «giocatore istruito». «Ho fatto il liceo scientifico. Rimanere a casa mi ha permesso di vivere un’adolescenza normale, di studiare, coltivando amicizie che durano: il mio più caro amico si chiama Valerio, detto Cino».
Cosa pensavano i suoi genitori di un figlio calciatore? «I miei sono stati sportivi, mio padre giavellotto, mia madre peso».
Come la mamma di Buffon. «Sì, ma la mamma di Gigi era più forte. I miei mi hanno sempre lasciato far tutto, ma priorità allo studio. Quando stavo male e dicevo “non vado a scuola” mia mamma rispondeva: “Se stai male non vai neanche ad allenarti”. Andavo a scuola con le febbre a 38. E poi mi sono stati vicini in certe scelte difficili».
Tipo? «Mi convocano alle 18 del 31 gennaio in sede e mi mettono davanti un foglio: firma e vai all’Inter, ma subito, c’è tempo fino alle 19. Un momento, non so nulla, dove vado, dove studio, nessuno mi è venuto a parlare. Ne riparliamo a giugno».
Così ha finito il liceo e quasi l’università. «Ho già la laurea triennale e mi mancano tre esami alla specialistica in Business Administration ».
Il suo miglior pregio? «L’attenzione, la capacità di stare in partita».
Il difetto? «Lavoro ogni giorno per migliorare tecnicamente».
L’odio contro la Juve la tocca? «Non me ne frega niente. Il primo anno di Conte eravamo la squadra più simpatica d’Italia. Non vincevamo nulla da tanto e da due facevamo solo figure di… La Roma un anno fa era simpaticissima. Quando vinci stai sulle palle a tutti. Speriamo che duri a lungo».
E siamo a Roma-Juventus. Decisiva? «Non può essere decisiva a questo punto. Non sarà finito niente, comunque vada».
Il momento più bello dell’andata? «Il gol di Bonucci. Inaspettato, la partita andava verso il pareggio ».
Il più brutto? «La caciara nel primo tempo. Dal rigore di Maicon in poi, mezzora di non calcio».
Le polemiche da allora si sono attenuate. «Io spero che sia una partita normale, senza sceneggiate. È la prima contro la seconda, esportiamo il meglio del calcio italiano. Spero che anche dall’altra parte siano d’accordo nel mantenere i toni bassi, poi vada come deve andare».
Come mai siete ancora qui, voi della Juventus? «Il cambio di allenatore ci ha dato una marcia e una rabbia in più per dimostrare di essere noi i campioni. Eravamo grati a Conte e allo staff, ma volevano chiarire che gli scudetti non erano solo merito dell’allenatore. Il secondo e il terzo anno di Conte all’inizio abbiamo avuto bisogno di qualche schiaffetto, quest’anno gli schiaffi li abbiamo dati noi».
L’avversario più rognoso con cui si è scontrato? «Ibrahimovic e Drogba. Fisico e tecnica».
Il più forte con cui ha giocato? «Nella storia del suo ruolo è il più grande: Gigi Buffon».
Moviola in campo? «Moviola no, gol line technology sì».
Il Carpi lo vuole in serie A? «Se l’ha conquistata sul campo, certo. Io agli altri campionati invidio solo gli stadi».
Chi vince lo scudetto? «La Juve».
Cosa vuole fare da grande? «Mi piacerebbe restare nell’ambiente, ma l’allenatore no. Al solo pensiero mi manca il fiato».
Si è sposato da meno di un anno con Carolina. Cosa fa a casa? «Abbiamo talmente poco tempo: mi rilasso».
Parla mai con Allegri in livornese stretto? «Lui usa il dialetto molto più di me. Ogni tanto ha delle uscite, dei modi di dire, che io lo capisco, gli italiani qualcuno sì, qualcuno no, gli stranieri manco per niente».