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GAZZETTA DELLO SPORT De Rossi, la crisi nera di mister 6,5 milioni

De Rossi
De Rossi

(M. Cecchini) – Questa è una storia che non avrà lieto fine. Comunque vada, qualunque sia l’esito sportivo che attende la Roma da qui al giugno 2016 – quando scadrà il suo contratto – il rapporto tra Daniele De Rossi e la Roma (inteso nel senso globale del composito universo giallorosso) non sarà mai più lo stesso. Troppo amore, troppe ferite, troppo Grande Raccordo Anulare in un rapporto con la città che forse, per essere perfettamente efficace, avrebbe dovuto essere fin dall’inizio più distaccato, più solo «professionale».

CAPRO ESPIATORIO Ma indietro non si torna e adesso è il momento della resa dei conti. D’altronde, emotivamente squasserebbe chiunque passare dall’essere, insieme a capitan Totti, l’idolo della tifoseria a finire capro espiatorio di quasi tutti i momenti neri che la squadra di Garcia sta attraversando in questa stagione. Morale: il giocatore ormai divide il pubblico come mai. Cosa paga De Rossi? Al netto delle prestazioni – che valuteremo – innanzitutto il fatto di essere il giocatore più pagato del calcio italiano (6,5 milioni, bonus compresi). Un piccolo retroscena: alcuni beninformati sulle vicende del giocatore raccontano come probabilmente Daniele avrebbe accettato anche un ingaggio non troppo lontano dal precedente (circa 4 milioni), ma la richiesta di riduzione dello stipendio irrigidì le parti in una trattativa già complessa. A quel punto decise il libero mercato, e visto che in quel periodo (febbraio 2012) tanti grandi club lo volevano, economicamente la Roma lo «pagò» salato. In ogni caso, da quel momento tutti da lui si aspettano che faccia sempre la differenza, mentre in questa stagione in alcune partite chiave (prima di tutte quella col City in casa) è finito addirittura in panchina o è stato sostituito dopo prove scialbe. Ma il centrocampista paga anche altro. L’ostracismo di quella potente parte dell’etere romano i cui alfieri lui ha pubblicamente bollato come «papponi» o «maiali». Il fatto è che papponi e maiali in riva al Tevere hanno un loro seguito e questo, in un momento di crisi, si paga.

PUNTI E GIOCO Una cosa però è certa: anche a causa dei tre infortuni al polpaccio che lo hanno colpito a partire dal Mondiale (e a causa del quale non ha potuto fare nemmeno una preparazione completa) il rendimento del giocatore di De Rossi non è all’altezza dei suoi standard migliori. Non parliamo dei gol, che pure in giallorosso sono quasi scomparsi del suo repertorio, ma di tutto il resto. Eppure le cifre raccontano questo: con lui in campo la Roma fa più punti (1,9 contro 1,5 di media a partita), segna di più (1,5 gol contro 1,4), ne prende di meno (1 contro 1,2 reti), subisce più falli (14,1) e ne commette di meno (12,5). La precisione nei passaggi però è inferiore (78,2% contro 81,6%). I numeri però, ovviamente, non spiegano tutto, anche perché altrimenti il vero De Rossi non avrebbe conosciuto tanta panchina come in questa stagione.

AMERICA E TV A Trigoria dicono che metabolizzi troppo le critiche e perciò anche le vicende extra-calcistiche che lo hanno visto protagonista – l’arresto della ex moglie e la non commendevole intercettazione con Giovanni De Carlo, il presunto boss di «Mafia Capitale» – non è escluso che abbiano contribuito a renderlo meno sereno. De Rossi sa bene come, se decidesse di andare via, la dirigenza non si opporrebbe proprio per via del suo altissimo ingaggio, ma il suo «terrore» è quello che la Roma finalmente vinca senza di lui. E per uno che ha coniugato professione e tifo al massimo livello possibile, sarebbe un dolore enorme. I titoli di coda però lo attendono altrove, probabilmente negli Usa, dove le due franchigie di New York nel 2016 sarebbero pronte ad accoglierlo. E più tardi ancora? Assai probabile che lo vedremo in tv come opinionista. Ma scommetteremmo già adesso che per De Rossi parlare di Roma non sarà semplice. Anzi.

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