(A. Catapano) – Ci sono voluti quasi 11 mesi per chiudere le indagini sui fatti tragici di Tor di Quinto, che lasciarono a terra il 29enne napoletano Ciro Esposito, morto dopo 53 giorni di agonia. Il tempo necessario per chi ha dovuto barcamenarsi tra testimoni silenti, perizie complicate e prove insufficienti. Testimonianza ne è la sparizione dall’avviso di chiusura indagini inviato ieri dai pm Eugenio Albamonte e Antonino Di Maio dei 4 elementi, presumibilmente romanisti, vestiti di nero e coperti da caschi integrali che avrebbero sostenuto l’azione aggressiva di Daniele De Santis nei confronti del pullman di tifosi napoletani, innescando la miccia poi degenerata in rissa e sparatoria.
La posizione di quei 4 è «momentaneamente accantonata», spiegano dalla Procura, perché gli elementi raccolti sono insufficienti. Bastano, invece, quelli riscontrati a carico di De Santis perché «Gastone», ancora detenuto nell’infermeria di Regina Coeli, risulti indagato per omicidio volontario, porto abusivo d’arma da fuoco, rissa aggravata, lesioni e lancio di materiale pirotecnico. Mentre a Gennaro Fioretti e Alfonso Esposito, i compagni di Ciro feriti dagli spari, la Procura contesta la rissa aggravata e le lesioni, che sarebbero state inferte (anche con un’arma da taglio) a De Santis.
E LE COLTELLATE? Sono gli unici tre indagati per cui i pm nel giro di un paio di settimane chiederanno il rinvio a giudizio. Sulla chiusura delle indagini l’avvocato Tommaso Politi, difensore di «Gastone », che ha ammesso di aver sparato, afferma che «era quello che ci aspettavamo, ma è importante che sia stato riconosciuto che De Santis è stato oggetto, a sua volta, di una aggressione brutale. Faremo chiarezza al processo, ma va messo in risalto come la Procura abbia riconosciuto che è stato raggiunto da alcune coltellate». Il Gup dovrà cominciare a chiarire quando sono arrivate. E questo, probabilmente, sarà lo snodo principale del processo.