(A. Catapano / V. Piccioni) – Il verdetto arriva a notte fonda: il ribaltone non c’è, la prescrizione sì. Calciopoli finisce il suo percorso penale perdendo qualche pezzo, altre partite vengono «scagionate» e la lista nera si riduce, ma l’impianto accusatorio resiste. Almeno nel linguaggio del dispositivo della sentenza letta ieri all’una di notte, dopo una camera di consiglio-fiume, oltre 5 ore. Per i giudici del terzo grado, l’ultimo, l’«associazione per delinquere » nell’ambito di un sistema per alterare i risultati, esisteva. Insomma, solo la prescrizione salva Moggi, Giraudo, Pairetto, e l’ex vicepresidente Figc Mazzini. Ma per una lettura complessiva della sentenza, bisognerà aspettare le motivazioni. L’elenco delle decisioni ricalca le richieste del pg, l’accusa in Cassazione: dopo aver rinunciato alla prescrizione, riescono a tagliare il traguardo dell’assoluzione gli arbitri Bertini e Dattilo. Restano a questo punto, dentro la rete accusatoria, solo due direttori di gara: De Santis e Racalbuto. Insieme con l’ex designatore Pairetto (la posizione di Bergamo fu stralciata: secondo la sentenza d’appello furono violati i diritti della difesa, esercitata dall’avvocato Silvia Morescanti, allora incinta). Il recinto dell’accusa si è ristretto parecchio con la cancellazione di alcune frodi sportive relative alle singole gare. Ma la lettura del sistema, questo pare di capire a leggere il dispositivo nudo e crudo senza l’aiuto delle motivazioni che non arriveranno molto presto, non è cambiata.
NE BASTANO TRE Per l’«associazione » non serve l’aver consumato l’illecito, ma costituire una struttura, con almeno tre persone, che abbia un obiettivo di potere, non necessariamente collegato all’alterazione delle singole partite. Insomma, un sistema. Provato da una serie di circostanze in cui le schede estere hanno avuto certamente il ruolo più importante nella disamina dei fatti. Anche ieri, il pg Mazzotta ha insistito su questo punto: «Il fatto che un gruppo di persone si contatti con l’utilizzo di schede telefoniche estere è sintomatico dell’esistenza di una struttura organizzativa». Al contrario, la fragilità del legame Associazione-alterazione era stata la chiave delle arringhe difensive. «Fate tutte le scremature – ha detto uno dei legali di Moggi, l’avvocato Prioreschi – assolti gli arbitri e gli assistenti, Moggi avrebbe fatto tutta la frode da solo. Si sarebbe seduto e avrebbe detto “domattina altero il risultato della partita”». Per i giudici, invece, le intercettazioni con i designatori, le cene e le schede, costituivano un meccanismo di controllo, al di là del suo intervento effettivo sulla partita attraverso l’arbitro. In ogni caso, «assolte» Udinese- Brescia, Juve-Milan e Juve-Lazio, sono rimaste in campo – almeno nelle parole dell’accusa prima della sentenza, il pari di Cagliari-Juve, il 2-1 di Juve- Udinese, l’1-2 di Roma-Juve.
LOTITO E DELLA VALLE La prescrizione è sta confermata anche per Lotito (per la Lazio), i fratelli Della Valle, Mencucci, per la Fiorentina e per Foti. Anche qui, bisogna un po’ ragionare al buio, ma la chiave sembra essere la stessa, tenendo come fonte ancora una volta le parole dell’accusa in Cassazione: la responsabilità dei dirigenti nel non ribellarsi al sistema, denunciandolo, ma di essere venuti a patti con l’«associazione» sperando di averne beneficio. In realtà, Calciopoli non è finita. Esaurito l’ambito penale, ora c’è da verificare cosa succederà sul piano civile con i risarcimenti. Una partita ancora tutta da giocare. L’ennesima.
Stiamo ai fatti. L’accusa di Calciopoli, seppure molto dimagrita rispetto all’inizio della storia, ha retto alla prova della Cassazione. I reati c’erano, solo la prescrizione li ha estinti. Le motivazioni diranno di più. E chissà se questo sarà il momento in cui uscire definitivamente, tutti, dal tunnel.