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GAZZETTA DELLO SPORT Gervinho e quel tacco per la Vecchia Signora

Gervinho
Gervinho

(C. Zucchelli) – È colui che ha regalato alla Roma il passaggio del turno in Europa League, ma è anche quello che, poco più di un anno fa, ha regalato al suo allenatore l’unica vittoria contro la Juve da quando è in Italia. Era Coppa Italia e non campionato, visto che, nonostante Gervinho, la Roma con Garcia in panchina non ha mai battuto i bianconeri in Serie A. Conte o Allegri, Olimpico o Juventus Stadium, 3 partite e altrettante sconfitte. Per scacciare la maledizione e dimenticare anche quanto successo a Rotterdam, con il bruttissimo gesto della banana lanciatagli in campo. «All’inizio non me ne ero accorto, poi un compagno me l’ha fatto notare e l’arbitro è venuto a parlarmi — dice Gervais a Bein Sports —. Penso sia una brutta immagine per il calcio e spero che vengano comminate delle sanzioni, anche perché un episodio così è frustrante per chi lo subisce come me, ma non solo, anche per i miei familiari e chi mi sostiene».

SOGNI E CAMPIONI Una settimana fa, insieme a Seydou Doumbia, è stato protagonista di un evento all’ambasciata ivoriana e ha ammesso che uno dei grandi sogni della sua carriera si è avverato. Adesso aspetta «successi e trofei con la Roma», con la speranza che la condizione torni presto quella dei giorni migliori. D’altronde, da quando è tornato dall’Africa, ha giocato sempre, campionato e Europa League, segnando 2 gol ma offrendo prestazioni altalenanti nel rendimento. In Europa, considerando pure la Champions, ha messo insieme già 5 reti, in campionato invece è fermo a 2.

BOTTINO MISERO Poco, per uno come lui, che magari non è un bomber ma certo non può accontentarsi di aver segnato soltanto alla Fiorentina alla prima giornata e all’Inter tre mesi fa. Sarà un caso (o forse no) ma tre dei 4 gol di quella sera, l’ultima che ha visto la Roma uscire dall’Olimpico con i 3 punti, sono stati realizzati dall’ivoriano e da Pjanjc, due dei punti fermi di Garcia. A loro il tecnico chiede il cambio di passo, ma chiede anche di dare una mano ai giocatori appena arrivati: Miralem, essendo una sorta di traduttore in pectore della squadra, lo fa da anni, Gervinho ha cominciato adesso con l’arrivo di Doumbia, che parla solamente francese e un po’ di giapponese.

AMICI E NEMICI Sono inseparabili, ed è logico visto che l’ex Cska Mosca è solo in questo momento, senza famiglia e con gli inevitabili problemi di ambientamento. Gervinho prova a contagiarlo con la sua allegria e prova a contagiare anche i compagni, che aveva lasciato incollati alla Juventus – dopo la gara col Milan prima della sosta la Roma era staccata di 3 punti – e li ha ritrovati parecchio più in basso. Lui però non si dà per vinto e magari invoca ancora l’aiuto divino, come ha fatto durante i rigori della finale della Coppa d’Africa (che non ha visto, rimanendo di spalle seduto su una sedia dietro le panchine). E si augura anche che non finisca come il 23 settembre 2012 quando in Premier incrociò Tevez: tra Arsenal e City terminò 11: si ripetesse stasera per la Roma significherebbe dire addio al sogno scudetto.

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