(F.Arturi) – Per evitare guai peggiori. La scusa ufficiale è questa. La gogna dei giocatori davanti agli ultrà, dentro gli stadi o nei centri di allenamento, ha avuto un altro capitolo penoso da parte di molti romanisti dopo la mazzata del 3-0 della Fiorentina. Si era già visto in Coppa Italia. Passa per essere un trucco diplomatico per mantenere l’ordine pubblico, ma in realtà si tratta ormai di una liturgia diffusa del modello tribale che governa le curve. Le maglie tolte dei genoani, gli incontri agitati dei milanisti con la frangia più rabbiosa dei tifosi (che ieri hanno invitato a uno sciopero di spettatori), il plateale dramma della Nocerina a Salerno, l’incontro-scontro degli interisti a Reggio Emilia con i loro sostenitori, perfino un episodio nel basket, l’anno passato per l’Olimpia EA7: la geografia di queste ordalie della vergogna copre l’Italia intera. In realtà è proprio questo consegnarsi al tifo più impresentabile il guaio peggiore.
Sottomettersi agli autodafè in versione moderna è un rituale molto simile a quelli mafiosi. Le parole non devono spaventare, così come accadde quando Fabio Capello espresse una verità dura, ma evidente: in Italia comandano gli ultrà e il loro ricatto su molte società è sotto gli occhi di tutti. Il Borussia Dortmund è passato in uno-due anni da una finale di Champions e da una grande rimonta sfiorata nei quarti all’ultimo posto in campionato. Problemi con i tifosi? Il minimo (compreso un confronto civile con i medesimi), e certamente niente a che fare con l’inquisizione delle curve nostrane e le minacce all’italiana. Tutta Europa ha visto la foto del tecnico Klopp solo soletto con la sua borsa in spalla, uscendo dallo stadio dopo il bruciante 3-0 della Juve. Immaginate qualcosa del genere a un povero giallorosso sotto accusa nella notte vicino a Ponte Milvio: sceneggiate voi l’ipotetico incontro, con il Tevere e lo zainetto come muti testimoni. La caccia alle streghe deve proseguire sempre e comunque. Non esiste possibilità di giocare male, entrare in crisi. Può accadere soltanto agli altri. Idiozie fulminanti: da che mondo è mondo esistono grandi cadute e flessioni che non sono imputabili ad altro che alle leggi dello sport.
Non saranno gli americani alla Pallotta né gli indonesiani alla Thohir, come abbiamo visto, né probabilmente i cinesi o i thailandesi nel futuro del Milan a salvarci dal nostro malcostume calcistico. Avremo sempre investitori di terza fascia e un futuro ancora più scadente se il nostro campionato e i suoi protagonisti si piegheranno al Medioevo che domina nelle curve. Ma il coraggio di dirigenti e giocatori è per ora come quello di don Abbondio: invisibile.