(M. Perrone) – Il sorpasso l’ha evitato lui, De Rossi, poche ore dopo aver saputo di non essere stato convocato in Nazionale da Conte. Aspettando di vedere come finirà in campionato, però, la Lazio è passata avanti in azzurro: un bel 3-1, Candreva-Marchetti-Parolo contro il solo Florenzi. Il tris l’ha regalato l’infortunio di Perin, che ha riportato Marchetti in lista a 16 mesi dall’ultima volta (novembre 2013, panchine contro Germania e Nigeria) e a 17 dall’ultima presenza, ottobre 2013, 22 con l’Armenia. Quella sera al San Paolo, quando Candreva entrò al 15’ della ripresa proprio al posto di Florenzi, in campo per mezz’ora ci furono due laziali e nessun romanista ma non finì granché bene: l’Italia era già qualificata ma il pari le impedì di essere testa di serie ai Mondiali.
BIPARTISAN Il primo romano in Nazionale fu bipartisan. Fuffo Bernardini, che aveva esordito in Prima Divisione (l’allora Serie A) a 13 anni, da portiere, con la maglia della Lazio, ne aveva 19 e giocava già da tempo a centrocampo quando venne convocato nel 1925 grazie all’ingresso nella commissione tecnica azzurra di Guido Baccani, il primo vero allenatore della storia biancoceleste. L’Italia vinse 70 a Torino contro la Francia e Bruno Roghi scrisse: «Entrò in campo che la folla tremava per lui. Al primo pallone si capì che l’emozione intaccava questo bruno e impassibile atleta come la gomma intacca il ferro. Nulla. (…) L’azione parte da lui, limpida e logica: l’azione respira, non ansima. La folla ha ricompensato Bernardini portandolo in trionfo. E lui, finita la battaglia e tra i suoi compagni plaudenti, si è messo a piangere». Bernardini giocò poi 11 anni in giallorosso, da allenatore portò la Lazio al primo trofeo della sua storia (la Coppa Italia del 1958) e vinse 2 scudetti con 2 squadre differenti, Fiorentina e Bologna, prima di sedersi sulla panchina di un’Italia reduce dal disastroso Mondiale del 1974 e avviare la rivoluzione dei «piedi buoni», lasciando una Nazionale ricostruita a Bearzot che la riportò sul tetto del mondo.
NUMERI Roma e Lazio hanno avuto complessivamente 120 giocatori in Nazionale, con i giallorossi nettamente in vantaggio (75 a 45). Le presenze complessive sono state 754 per i romanisti e 387 per i laziali. I gol: 100 a 59. A fare cifra tonda per la Roma è stato De Rossi, lo scorso settembre a Bari, chiudendo su rigore il 20 contro l’Olanda. L’ultima rete di un laziale è stata la prima e finora unica di Candreva, il gran destro dal limite per aprire l’11 di novembre con la Croazia a San Siro. L’esterno sta scalando velocemente la classifica dei biancocelesti: finora ha giocato 24 partite in azzurro (per le prime due era ancora al Livorno), davanti sono rimasti solo Oddo e Signori a 25, poi il mito Piola a 30, Casiraghi a 34 e Nesta a 47. De Rossi è invece irraggiungibile tra i romanisti: non solo ha segnato il gol giallorosso numero 100, ma è anche arrivato esattamente a 100 presenze. Ed è il miglior marcatore romanista con 16 reti davanti a Totti (9) e Giannini (6). Quasi metà dei 59 gol laziali li ha segnati Piola (28) che precede Casiraghi (11) e Signori (6).
MONDIALI Il primo successo mondiale dell’Italia (1934) vide una veloce apparizione laziale, quella di Filò Guarisi che giocò solo l’ottavo con gli Usa, mentre fra i protagonisti ci furono due romanisti, il corsaro nero Guaita (suo l’10 in semifinale all’Austria) e Ferraris IV, che Vittorio Pozzo aveva recuperato dalle sue fumose (e famose) partite a biliardo. L’ultimo fallimento, quello del 2014, ha visto in campo un giocatore a testa, Candreva e De Rossi, sempre loro. D’altronde non è facile averne molti di più, di questi tempi, se la Roma ha impiegato solo 9 italiani su 30 in campionato e la Lazio 6 su 29. Eh sì, i 3 biancocelesti convocati in azzurro sono addirittura il 50% di quelli scesi in campo: gli altri 3 sono Ledesma, Mauri e Cataldi, cioè 2 che in Nazionale hanno già giocato e uno, il ragazzino, che Conte sta già facendo seguire.
DERBY Tornando a parlare di Mondiali, tra i 23 convocati da Lippi per l’ultimo successo azzurro, quello del 2006, c’erano 3 romanisti (De Rossi, Perrotta e Totti) e 2 laziali (Oddo e Peruzzi). Ma questi ultimi giocarono 22’ in tutto, quelli di Oddo con l’Ucraina, mentre i 3 giallorossi sommarono 17 presenze. Una discreta supremazia che negli anni è venuta meno in pochi periodi, per esempio in quelli della… love story fra Sacchi e Zeman: uno, il c.t., convocava spesso più di mezza Lazio (che aveva in panchina il boemo) e ne faceva giocare 4 per volta, per esempio Casiraghi, Favalli, Rambaudi e Signori contro l’Estonia, oppure Casiraghi, Di Matteo, Negro e Rambaudi contro la Croazia, sempre nel ‘94. Bei tempi, con le frontiere non proprio spalancate. Adesso, per avere (quasi) lo stesso trattamento da Conte, Pioli deve infilare un successo dietro l’altro…