(D. Stoppini / C. Zucchelli) – È che una serata così cancella tutto. Hai voglia a ricordarsi la Roma che era. Hai voglia a provare a spiegare, come fatto da Radja Nainggolan dai palchetti della tribuna d’Onore, rispondendo ad alcuni tifosi che a metà di una partita già decisa gli chiedevano «perché». Perché la Roma si è ridotta così? Perché questo non è un tunnel, in fondo al quale si intravede la luce. Qui l’asticella si abbassa sempre. Diceva Rudi Garcia, pochi giorni fa: «Vogliamo l’Europa League, la Champions non faceva per noi». È che ora nulla fa al caso della Roma: solo quattro vittorie nel 2015, volendo mettere nel conto pure il successo con l’Empoli in Coppa Italia. Il resto è noia. Il resto è gioia per gli avversari. Non è un caso, la semina è stata sbagliata, il raccolto è giusto la conseguenza.
IL MERCATO La semina fa scopa con gli acquisti: «Nella mia vita non ho mai fatto una sessione di mercato così sbagliata», dice Walter Sabatini. E allora una foto resta impressa, in fondo alla serata: nei 18 che Rudi Garcia ha scelto per la partita da dentro o fuori, non c’era nessuno dei tre acquisti di gennaio. Non c’era Doumbia, in tribuna a chiedersi se tutto sommato non fosse più gratificante il freddo di Mosca. Non c’era Ibarbo, da poco rientrato in gruppo a Trigoria: lui l’Europa non sa neppure com’è fatta. Non c’era Spolli, arrivato da Catania per fare numero, quarto centrale di una difesa che sbanda, spedito in tribuna ieri sera perché per fare numero, dietro la schiena di Garcia, bastavano già altri. Diciotto milioni e quattrocentromila euro, non abbastanza per regalare all’allenatore un giocatore disponibile in RomaFiorentina. Nessuno, forse, a Trigoria avrebbe pensato di rimpiangere pure Mattia Destro, che ancora oggi resta uno dei primi giocatori in organico nel rapporto tra minuti giocati e gol segnati. Sabatini si è assunto la responsabilità. Di sicuro Garcia non può non aver notato che tutte le altre squadre ora in corsa per il secondo posto, a gennaio, hanno aggiunto benzina nel motore, mentre la macchina giallorossa è rimasta ferma, senza rifornimento alcuno.
LA SQUADRA «Aiutati che Dio t’aiuta», dice però quel proverbio. E l’allenatore – ieri «salvato» nel processo messo su dai tifosi della curva Sud – è finito anche lui all’angolo per alcune scelte di formazione e di gestione del gruppo singolari. Il doppio impiego Gervinho-Doumbia nel match contro il Parma resta inspiegabile, ancor di più oggi – un mese dopo – che i due ivoriani non sono in grado di produrre una giocata vincente. E ancora: i continui cambi di formazione, che certo non hanno aiutato un gruppo già in difficoltà. Cambi negli uomini, s’intende. Perché il gioco della Roma – o comunque le intenzioni – è rimasto sempre lo stesso: dal tecnico non è mai arrivata una sterzata, un’invenzione, un cambio di rotta. E la cosa è stata sottolineata al tecnico a più riprese dalla squadra. Altro nodo: la comunicazione. Alla squadra non è piaciuta la gestione di alcuni momenti con i microfoni aperti, da parte dell’allenatore. Che prima a Verona nel post-Chievo e poi lunedì nel dopo-Samp ha messo nel mirino le difficoltà dei giocatori, arrivando a fare autocritica in ritardo. Pensava però, Garcia, che i risultati lo avrebbero aiutato. E invece i risultati hanno soltanto peggiorato le cose.