(A. Austini) – Ci risiamo. La Roma gioca male e si accende solo per spezzoni di partite – vedi i venti minuti finali della gara pareggiata con la Juve – lo scudetto se ne va, i tifosi ansiosi di vincere mugugnano, De Rossi assorbe le negatività dell’ambiente come nessun altro e non riesce a giocare con la necessaria serenità. Si apre così l’ennesima crisi nel rapporto tra capitan futuro e la squadra della sua vita, con possibili risvolti nell’immediato e in prospettiva.
Sembrava tornato il sereno con l’avvento di Garcia, il patto che ha portato Daniele a restare giallorosso e partecipare da protagonista alla stagione del riscatto, i buoni auspici per quest’anno, in cui «tutto attorno a noi profuma di grande squadra», parole di De Rossi. Invece tra risultati deludenti e tre infortuni muscolari (il primo al Mondiale) il centrocampista è di nuovo in difficoltà, come testimonia la prestazione nervosa con la Juventus, che poteva finire dopo 17 secondi se Orsato avesse deciso di usare il pugno duro per il brutto fallo su Vidal. L’ammonizione è arrivata più tardi e lo ha limitato, fino all’inevitabile cambio e i fischi dei tifosi: in gran parte degli juventini, ma non sono mancati anche dagli altri settori a conferma di come a De Rossi non venga perdonato nulla. Il motivo è racchiuso in quei 6 milioni netti più bonus che guadagna, lo stipendio più alto in serie A, spesso non in linea con il suo rendimento. Al mediano restano altri due anni di contratto, durante i quali spera di vincere quello scudetto diventato un’ossessione, poi è pronto a fare le valigie in direzione Stati Uniti: ha già deciso di chiudere lì la carriera. Stando agli accordi attuali, quindi, la Roma potrebbe perdere nel giro di due anni Totti (in scadenza nel 2016) e De Rossi: l’immagine dei due seduti in panchina mentre la Roma rimontava sulla Juventus è un assaggio di un futuro non più così lontano.
Non è certo De Rossi l’unico caso aperto in una squadra imbattuta in campionato da 15 turni ma al tempo stesso capace di realizzare il record negativo di pareggi consecutivi in casa: 6, non era mai successo. L’ennesima prova negativa di Pjanic spiega le difficoltà dei giallorossi di spezzare una manovra ormai lenta e prevedibile. Il bosniaco è stremato, convive da tempo con un problema alla caviglia che lo limita, però ha deciso di non fermarsi. Rudi insiste su di lui e lo ha preferito nelle ultime due gare a Nainggolan che non l’ha presa affatto bene. A fine stagione Pjanic diventerà il maggiore indiziato alla partenza. Non è una novità: due anni fa era vicino all’Atletico Madrid, poi al Psg e nell’ultima estate il Barcellona si era fatto avanti attraverso Luis Enrique, rimasto in ottimi rapporti con Pjanic.
L’altra spina in bella vista nella rosa di Garcia è De Sanctis. Se nella passata stagione le urla del portiere ai compagni sembravano uno dei segreti del successo, adesso sono controproducenti. Qualcosa si è rotto a Mosca, quando Morgan accusò gli altri per il gol incassato allo scadere salvo poi correggere il tiro un giorno dopo. I nuovi difensori, soprattutto i greci, sopportano malvolentieri i suoi rimproveri e si è visto nello «scazzo» a favore di telecamere a fine primo tempo lunedì, proseguito con toni accesi nella pancia dell’Olimpico e sedato da Garcia. Manolas è intervenuto in difesa di Holebas che stava discutendo con De Sanctis per una situazione di gioco. Tensioni deleterie. Ma Sabatini da mesi sta cercando un nuovo custode dei pali.