(A. Giuli) – “Occhio che Garcia se lo stamo a giocà, occhio che Garcia se sta a romanizza’… tutta colpa della gnocca”. Gnocca romana, per l’esattezza, anche se con sangue lucano, laddove il verbo “romanizzarsi” sta per “rincoglionirsi” senza appello. Così mi diceva il mio amico Sandro di borgata Ottavia. E me lo diceva quando ancora la squadra era lontana dal precipizio, dall’affiliazione alla setta del pareggio e della lagna autodepressiva. Brutti sintomi, sì, quelli s’indovinavano già: l’atarassico allenatore francese aveva smesso il pallio del filosofo e sembrava in procinto di tarantolarsi. Altro che il centro del villaggio: vinceremo il tricolor, la Juve che ruba, gli arbitri cornutazzi. Robaccia da radio stracittadina. E intanto la Roma s’ingolfava ogni giorno di più. Ma che gli prende, al nostro celta preferito, ci chiedevamo noi altri veterani. Finché il saggio di borgata Ottavia non parlò: gnocca romana trasforma guerriero gallico in strepitante eunuco del tardo impero (le parole non erano precisamente queste, e la pronuncia nemmeno, ma il concetto era chiaro). E insomma il problema dei romanisti è che, mentre il saggio indicava quel selfie di Garcia dentro il Colosseo con la sua nuova fidanzata, noialtri stolti guardavamo la luna.