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LA REPUBBLICA La Roma riparte. De Sanctis: basta gogne

As Roma
As Roma

(E. Sisti) – Il primo assalto è sventato. Decisamente più viva, palesemente operaia, la Roma è stata terza per mezz’ora. Quel migliaio di tifosi che avevano deciso di seguirla in Romagna, non hanno fatto mancare il loro “appoggio” preventivo durante il riscaldamento, la partita, dopo: «Solo la maglia, tifiamo solo maglia ». Poi un sussulto, segna De Rossi, che al Cesena aveva segnato anche all’andata, il più triste, il più solitario, il più fragile forse. La Roma ritrova i tre punti di cui aveva dimenticato il sapore (questa è solo la terza vittoria in campionato del 2015). Dimostra subito (prima di tutto a se stessa) di volere qualcosa. Ed è già un passo avanti rispetto all’assenza di desiderio mostrata contro Sampdoria e Fiorentina. Ha un’altra considerazione delle “seconde palle”, è più reattiva, più attenta agli errori dell’avversario, Uçan in campo dall’inizio è la sorpresa di Garcia (il turco aveva giocato solo tre minuti col Chievo in casa).

Purtroppo Doumbia e Gervinho, gli ivoriani pallidi, ristagnano. Il primo fa quello che si potrebbe chiedere a un “generico” di Cinecittà, il secondo è divorato dall’ansia del riscatto personale. La difesa alta disinnesca Defrel. Il mezzo “romanista” Carbonero, cui a Cesena riconoscono doti esagerate, gioca tra le linee ma il primo a confondersi è lui. Uçan è dinamico, dura un’ora. La Roma tira in porta cinque volte nei primi venti minuti. Il pallone che schizza sul sintetico umido genera contrasti rumorosi e palle mal controllate. Al 41’ Cholevas crossa basso, Uçan buca il pallone, il suo involontario velo spalanca la porta a De Rossi: 0-1. La rabbia di Daniele si mescola alla festa. La Roma chiude il primo tempo in vantaggio: non succedeva da Cagliari e sembra passato un secolo. Impostata al sacrificio, la partita di Florenzi, oscura e luminosa al tempo stesso, è la chiave interpretativa di questi tre punti. Non si fa problemi, non bada a spese (energetiche), se ne sbatte dell’estetica, quando fa il terzino calcia lungo, quando è a metà campo si offre come scarico, quando sta davanti non disdegna di puntare la porta.

Nel secondo tempo Di Carlo chiede a Perico e Kranjic di spingere. Doumbia (11’) si accartoccia con Lucchini a un metro dalla linea di porta, il pallone resta lì, nessuno si rialza in tempo (scena buffa, diciamo così). La strategia del Cesena non esiste, si muove in campo con vampate caotiche, Defrel non ha spazio, Carbonero testa, Mudingayi piedi. L’unico a ragionare, spostandosi secondo buon senso, è Giorgi: ma è pur sempre un gregario. Uçan è stanco, perde un po’ le distanze, è già ammonito: Garcia fa debuttare il baby Pellegrini. Per tenersi stretto il secondo posto forse c’è davvero bisogno di un altro paio di primavera, di corsa, d’entusiasmo, più che di provata esperienza. Di Carlo mette una seconda punta (Rodriguez) ma i rifornimenti restano scolastici e Manolas di testa le prende tutte. L’unica che liscia per poco Djuric non la mette dentro (devia Florenzi al 31’). Un duetto di qualità Gervinho-Ljajic rischia di far calciare in porta Doumbia (33’). La Roma non soffre, nemmeno nel concitato finale con Ibarbo in campo. Merito di Manolas, tornato doppio, e della più positiva partita dell’ultimo De Rossi, macchiata soltanto da un fallo quasi da rosso su Defrel. Scampato pericolo. Alla fine lo sfogo di De Sanctis: «Parlo da giocatore della Roma da consigliere federale e rappresentante Aic: il Viminale non è stato contento dell’episodio con la Fiorentina quando siamo andati sotto la curva. Neanche noi: siamo stanchi del pubblico ludibrio. Siamo stati dimenticati dalle istituzioni, non ci hanno aiutato».

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