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REPUBBLICA La Cupola del calcio secondo Carraro: “Lo scudetto del ’98 falsato per la Juve”

Franco Carraro
Franco Carraro

(M. Mensurati) – La cupola era Carraro, dice Moggi all’indomani della sentenza della Cassazione che, prescrivendo il suo reato di associazione per delinquere, di fatto, ha confermato l’impostazione dell’accusa. E allora sentiamo cosa dice Franco Carraro, classe 1939, tre volte ministro della Repubblica, dirigente sportivo per tutte le stagioni, presidente della Figc al tempo dei fatti e, oggi, tra l’altro, membro Cio.

Ha letto cosa dice Moggi di lei?
«Certo che l’ho letto. Non è stato affettuoso. Eppure io continuo a pensare che lui sia stato un bravo manager. Poi, per carità, ha fatto i suoi errori».

Quali?
«C’è una splendida intervista che Moggi fece proprio a Repubblica se non sbaglio nell’autunno del 2007. In quell’intervista c’era un focolaio, rapidamente soffocato, di autocritica. E secondo me era un’autocritica azzeccata. Disse che se doveva rimproverarsi qualcosa quel qualcosa era di essersi compiaciuto troppo di apparire “ultrapotente”, o qualcosa del genere. Io sono d’accordo. Penso che di errori ne abbia fatti anche altri, errori e veri e propri pasticci. Ma questo forse è stato quello che gli è costato più caro di tutti. Si è compiaciuto troppo del proprio potere, gli piaceva essere riconosciuto come Lucky Luciano; quando andava in giro per Torino e Roma usava la sirena sulla macchina. Di solito le persone che sono costrette a farlo, un po’ si vergognano. A lui invece piaceva».

Sta riducendo Calciopoli alla vanità di Moggi?
«Il mio pensiero su Calciopoli è molto più complesso».

Parliamone. C’era o non c’era la Cupola del calcio?
«Le sentenze dicono di sì e noi dobbiamo stare alle sentenze. Ovviamente anche quando dichiarano prescritto un reato. Bisognerebbe tutti avere l’intelligenza di metterci una pietra sopra ».

E al di là della sentenza qual è la sua opinione?
«Che, a differenza di quanto avvenne nel ’98, la Juventus in quei due campionati aveva la squadra più forte e ha vinto sul campo, anche di parecchi punti, e non a causa delle interferenze. Che però ci furono. Ci furono molte cose che non andavano bene».

E nel ’98, scusi?
«Quello secondo me fu l’unico campionato veramente falsato a favore della Juventus, si ricorda il rigore su Ronaldo?».

Certo. La sua non è un’affermazione da poco.
«È la mia opinione».

C’era già Moggi alla Juve nel ‘98?
«Sì. Comunque tornando a Calciopoli, ci sono stati dei comportamenti della società che hanno compromesso quel risultato. Alla fine, tra l’altro, la sentenza nei confronti della Juventus è il frutto di un patteggiamento. Per questo ritengo inopportuno che la Juventus chieda ora risarcimenti: patteggiare una pena e poi chiedere i danni è il comportamento schizofrenico di uno che voglia avere la moglie ubriaca e la botte piena».

Moggi dice che la Cupola era lei. O che comunque ne facesse parte. Cita anche, a memoria, delle intercettazioni.
«Qui ci tengo a essere chiaro. La mia chiamata per Lazio-Brescia va letta insieme a un’altra telefonata in cui esplicitamente affermavo: “Se il Brescia è più forte, che vinca”. Erano giorni in cui sui giornali si parlava dei danni subiti dalla Lazio e volevo difendere la Federazione dai sospetti… Lo stesso per Inter-Juve. La mia chiamata era solo il gesto di un presidente federale che sa benissimo che, in quel momento, non si può permettere una partita in cui vengano fatti favori alla Juve».

Ma non pensa che l’unico comportamento legittimo di un presidente federale sia quello di non intervenire in nessun modo? A meno che non avesse dei sospetti: in quel caso non avrebbe dovuto chiamare il designatore ma rimuoverlo e denunciarlo…
«Questa domanda contraddice quello che i giornali dell’epoca scrivevano. Io semplicemente avevo intravisto un pericolo per la mia federazione e mi ero preso la responsabilità di intervenire. Ho richiamato l’attenzione dei miei dirigenti. E comunque, ci tengo a specificarlo, sono stato assolto da ogni accusa: dal gup di Napoli, dal giudice sportivo, dalla magistratura contabile e persino dal Tar del Lazio».

Si è pentito di quelle chiamate, le rifarebbe?
«Mi sono dimesso perché ho fatto degli errori di politica sportiva. La mia presenza avrebbe indebolito l’istituzione e, dunque, anche se nessuno me lo chiese, mi dimisi. Delle chiamate però non sono pentito».

Secondo lei l’inchiesta di Napoli è stata esaustiva?
«Ho letto con attenzione solo le carte che mi riguardavano. Ma su quella indagine si sono espressi i giudici penali, quelli sportivi e persino quelli contabili. E tutti hanno confermato l’impianto. Mettiamoci un punto, dunque. Una cosa tuttavia voglio dirla: Facchetti era una persona per bene, straordinariamente corretta. E la relazione di Palazzi sul suo operato non mi è piaciuta affatto».

Moggi e De Santis hanno citato l’attuale disastro sportivo italiano, calcioscommesse, violenze e fallimenti per dimostrare che dopo Calciopoli il calcio è stato peggio. Come dire: il male era altrove ed è sopravvissuto.
«Il calcio ha molti problemi, ma trovo sbagliato strumentalizzare. Parliamo delle scommesse. Sono la più grande minaccia dello sport a livello globale. Non c’entra Calciopoli».

Il fallimento del Parma?
«Anche lì Calciopoli c’entra poco. Proprio io nei primi Anni 2000 feci delle norme molto severe per l’iscrizione ai campionati: occorreva essere a posto con le tasse, con i salari, con i contributi, non bisognava avere debiti e serviva un rapporto sano tra indebitamento e patrimonio. Costarono l’iscrizione a Napoli e Fiorentina, c’erano città dove non potevo andare per motivi di sicurezza. Poi la Figc nell’estate del 2007 allentò tutto».

Abete?
«Siete voi che amate fare i nomi ».

Nell’intervista a Repubblica di ieri, una delle affermazioni più suggestive di Moggi è quella secondo cui Calciopoli è stata possibile solo perché “erano morti l’Avvocato Agnelli e il Dottor Umberto”. Cosa ne pensa?
«Che Moggi ha ragione e torto insieme, sul punto. Credo anche io che se ci fossero stati l’Avvocato e il Dottore, Calciopoli sarebbe stata altro. Ma solo perché la Juventus avrebbe reagito con altro piglio e altro stile alla situazione. Non certo perché avrebbero impedito all’indagine di fare il suo corso. L’indagine è stata fatta in maniera autonoma e in buona fede. La Juventus, anzi l’intero gruppo ha sbandato, come del resto è normale per un qualunque gruppo perda due grandi leader a distanza così ravvicinata».

È rimasto male delle parole di Moggi?
«Io sono stato molto amico di Biagio Agnes, lui amava ripetere, “ricordo tutto, talvolta perdono”. Invecchiando, mi rendo conto che mi capita sempre più spesso di perdonare».

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