(G. Piacentini) – «Preferisco non dire niente e conservare le parole per i miei giocatori». Lo aveva promesso alla fine della gara contro l’Atalanta, Rudi Garcia, e ieri ha mantenuto la parola. Il confronto con la squadra, l’ennesimo della stagione, è durato circa venti minuti ed è stato duro nei toni e nei contenuti. Il tecnico francese ha messo la squadra davanti alle proprie responsabilità: ha rinfacciato la mancanza di voglia per un gruppo che vuole centrare l’obiettivo del secondo posto e si è soffermato anche sull’analisi di alcune situazioni tattiche che si sono viste contro l’Atalanta. Il tiqui-taca di Reja – oltre due minuti di possesso palla bergamasco nel primo tempo, con i giocatori della Roma che non avevano la forza di rincorrere – è stato uno spettacolo duro da digerire. Dall’altra parte nessuno ha risposto, come invece era capitato in passato, e tutti i calciatori hanno incassato in silenzio la sfuriata dell’allenatore. Il discorso può essere sintetizzato così: se continuiamo così non arriviamo nemmeno quinti.
Restano sette partite per evitare a fine stagione una nuova rivoluzione che coinvolgerebbe tutti, dal d.s. Walter Sabatini fino ai giocatori. La situazione di Garcia sembra quella più solida: in assenza di disastri, che in società identificano con un piazzamento oltre il terzo posto, non ci saranno cambiamenti della guida tecnica. Ieri a Trigoria c’era il suo agente, per discutere del rinnovo di Keita e per aprire una strada all’arrivo di Rio Mavuba.
Se il clima dentro lo spogliatoio è caldo, fuori lo è ancora di più: dopo le contestazioni di domenica, ieri è stato il giorno in cui attraverso le radio e i social network i tifosi hanno continuato a chiedere provvedimenti. Rimanendo delusi perché i ritiri forzati, stile-Napoli, non fanno parte della filosofia societaria. Visti i risultati, forse dovrebbero.