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CORRIERE DELLA SERA L’Inter vuole battere la Roma e la paura di giocare a San Siro

Roberto Mancini
Roberto Mancini

(F. Monti) Inter e Roma si ritrovano stasera per la 39ª volta dal 3 ottobre 2004 (3-3 all’Olimpico) fra campionato, Coppa Italia e Supercoppa, con un po’ di nostalgia. Per anni è stato il tormentone in estate (la Supercoppa), autunno e inverno (campionato), primavera (le finali di Coppa Italia). Adesso fra le due società con proprietari stranieri la situazione è cambiata: la Roma lotta per il secondo posto (già raggiunto un anno fa), ma in mezzo a tanti problemi e l’Inter è decima, lontano dall’Europa e non vince a San Siro dall’8 febbraio (3-0 al Palermo). Poi sono arrivati i pareggi con Cesena, Parma e Milan e la sconfitta con la Fiorentina, giusto per alimentare la paura delle partite in casa, in uno stadio che è come Milano: esigente (anche troppo), ma generoso, non appena avverte che il vento cambia.

Contro la Roma, nella finale di Coppa Italia (2-1 per i giallorossi, 24 maggio 2008), Mancini aveva chiuso la sua prima avventura in nerazzurro, sei giorni dopo aver vinto lo scudetto a Parma, davanti alla Roma. E contro la squadra di Garcia, all’Olimpico, aveva vissuto la sua prima trasferta nella sua nuova vita interista (30 novembre 2014, 4-2). Anche se si sono viste vigilie più elettriche, questa è una settimana importante: oggi la Roma, martedì la trasferta di Udine, domenica 3 maggio il Chievo a San Siro. Mancini guarda al presente e al futuro. «La Roma in questo campionato ha fatto molto meglio di noi, anche se poi ha avuto qualche momento di difficoltà. Le motivazioni ci sono, eccome, anche perché non si va mai in campo per perdere, neanche quando si gioca con gli amici sulla spiaggia».

Il colloquio di martedì con Thohir ha rassicurato Mancini: «Il presidente ha una grande voglia di costruire una squadra competitiva e il mio ottimismo sul futuro è legato al fatto che l’Inter nelle partite con chi ci sta davanti anche in un’annata come questa non abbia mai sfigurato. Il gap non è così ampio come sembra leggendo la classifica». E tutto ruota intorno a Yaya Touré, per il quale c’è la stessa ansia della primavera 1988 quando stava per diventare nerazzurro Matthaeus, atteso per un’intera stagione, perché non era stato possibile concludere l’operazione un anno prima. «Tutti, tifosi compresi, mi chiedono soltanto di lui, ma è ancora un giocatore del City. Potrebbe convincersi a venire all’Inter, perché ha giocato in Belgio, Francia, Spagna e Inghilterra, ma non nel nostro campionato». Una novità.

Ma un punto fermo nell’Inter che sarà, c’è. In attesa di testare altri giovani prima del 31 maggio (Gnoukouri va verso la conferma), Mancini continua a credere nelle qualità di Shaqiri, anche se contro la Roma andrà in panchina, come con Verona e Milan, perché Hernanes è più in forma: «Non esiste un caso; abbiamo preso Shaqiri a gennaio, perché eravamo convinti che avrebbe avuto un grande futuro all’Inter e non abbiamo cambiato idea. La fiducia è totale». I problemi sono altri.

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