(A.Pugliese) – Ci sono momenti nel calcio in cui si perde la testa. Accade a molti, sul campo verde come nella vita quotidiana, quella di tutti i giorni. Così succede anche che a uno come Alessandro Florenzi gli si chiuda per un attimo la vena, abbandonando polemicamente la postazione Mediaset (che, tra l’altro, qualche milione di euro alla Roma lo dà) come successo domenica scorsa a Torino. Sì, proprio lui, l’uomo delle dediche a nonna Aurora, di quella corsa e quell’abbraccio così tenero e profondo da commuovere un po’ tutti, allo stadio e non. «Sono cose che possono accadere a caldo — ha detto ieri l’esterno giallorosso, di fatto scusandosi —. A freddo non avrei mai lasciato l’intervista e avrei risposto alle domande». Ne siamo certi, perché il Florenzi vero è quello della corsa verso nonna Aurora, non quello permaloso e nervoso di Torino.
JOLLY DORATO – Ieri il jolly di Vitinia non si è allenato con il gruppo ma in palestra per un piccolo problema ad un’unghia del piede. Da oggi dovrebbe però tornare a disposizione di Garcia, è troppo importante per rinunciarci. A Torino, ad esempio, ha corso tanto («Ce la mettiamo tutta, sia io sia la squadra»), difeso e attaccato mille volte su quella fascia destra, mettendo la ciliegina sulla torta ad una prestazione chic con il rigore del temporaneo vantaggio giallorosso. «Ero concentrato, pensavo solo a segnare». Anche perché, tra le doti nascoste dell’esterno c’è anche questa, la bravura e la freddezza sui rigori. Tanto che nella Primavera giallorossa campione d’Italia nel 2011 il rigorista — dopo Viviani — era proprio lui.
ALTRO GIRO ALTRA GIOSTRA – Adesso per Garcia il dilemma è uno solo, capire dove impiegare Florenzi contro l’Atalanta. «Alessandro è un giocatore offensivo di fascia, questo vuol dire che lì può fare ogni ruolo, ma con compiti offensivi», ha detto il tecnico francese dopo la sfida di Torino. Tradotto, la posizione di massima efficacia è davanti, nel tridente d’attacco. E quando si tratta di arretrarlo a terzino, è soprattutto perché Garcia ha bisogno di un giocatore che spinga, che attacchi e che accompagni la manovra. Quello che faceva Maicon, tanto per intenderci, e che da quando manca il brasiliano mai più nessuno è riuscito a fare con la stessa intensità e pericolosità. Volendo, viste le assenze di Keita (probabile) e De Rossi (sicura) a centrocampo, Garcia potrebbe anche decidere di metterlo in mezzo, come intermedio, ma delle tre soluzioni sarebbe la meno efficace. E, infatti, è anche la più improbabile.
SIMBOLO FUTURO – L’uomo che ha come idolo Cesc Fabregas e che vede in Cristiano Ronaldo il top del calcio mondiale attuale, è destinato nel futuro a ricevere l’eredità di Totti e De Rossi, diventando il simbolo capitolino della Roma. «Ma quello che ha fatto Francesco è irripetibile, ogni calciatore ha una sua storia — dice lui —. La mia è passata anche da Crotone, dove sono cresciuto soprattutto umanamente: ero solo e non avevo l’affetto della famiglia». A Trigoria, invece, di affetto ne ha eccome, lui che è sempre tra i più positivi del gruppo. «Nainggolan è il più simpatico, Keita il più serio. Ma è un grande professionista, quest’anno ci sta aiutando con la sua grande esperienza». Garcia, invece, chiederà aiuto soprattutto a lui in questo finale per provare il controsorpasso.