(U. Trani) – Lo stadio è lo stesso, l’Olimpico di Torino, come il punteggio, 1 a 1; le date sono invece due, il 3 novembre 2013 e il 12 aprile 2015. Garcia non le dimenticherà mai. Perché, sempre qui e in due stagioni di fila, è stata la sua prima volta. Il 1˚ pari italiano, dopo 10 successi, l’anno scorso; e il 1˚ terzo posto in serie A, dopo 68 turni, vissuti da primo o al massimo da secondo. Il pareggio, da un torneo all’altro, è però molto diverso per la Roma. Perché rallentare restando in testa non è certo la stessa cosa di frenare e diventare terza. In più, sorpassata dalla Lazio, ora con 1 punto in più in classifica a 8 turni dal traguardo, con il derby al penultimo giro della lunga volata per l’accesso diretto alla Champions. Che, ricordiamolo, è l’unico obiettivo rimasto ai giallorossi.
IMPOTENZA E IMPRECISIONE La Roma, dopo due successi di fila, fa di nuovo cilecca. Ecco il 12˚ pareggio in campionato (il 16˚ contando i 4 delle coppe: 2 in Champions e 2 in Europa League) che, pesando l’esibizione, è sicuramente risultato che non premia i giallorossi. Capaci di effettuare 19 tiri verso la porta di Padelli, maggior numero di conclusioni in queste 30 gare, senza inquadrare però lo specchio 13 volte (tra i 6 dentro, pure il rigore e il palo di Florenzi). Non basta, dunque, avere il controllo totale del match e lasciare solo una chance, quella del pari di Maxi Lopez, al Torino, per prendersi i 3 punti. Ci vuole il centravanti. Che Garcia non ha. Non è stato preso in estate, è stato sbagliato in inverno. E a destra non è stato preso il terzino per sostituire l’infortunato Maicon. Così Florenzi, più utile da ala, deve fare il difensore se Torosidis, come ieri, è squalificato. Il pari contro i granata ha dunque la sua sintesi nelle due gaffe di mercato.
PRIVILEGIATA LA CORSA Garcia, contro il 3-5-2 di Ventura, ha deciso di puntare sulla velocità per attaccare il Torino sulle corsie, dove la sfida è con Peres e Darmian, due laterali che potrebbero prima o poi arrivare a Trigoria. Ibarbo ha avuto spazio per la prima volta da titolare, unica novità rispetto alla formazione schierata contro il Napoli alla vigilia di Pasqua. Totti, dunque, va in panchina, per scelta tecnica, per la verità poco comprensibile. Alla qualità in attacco deve pensare Ljajic che, nel tridente del 4-3-3, si sistema a sinistra, anche perché Iturbe viene confermato centravanti. I due, comunque, si scambiano le posizioni e fanno salire sulla giostra lo stesso Ibarbo che comincia a destra. Ma la formula sprint non ha funzionato per il nuovo flop del reparto offensivo (in campionato, l’ultima rete di una punta è del capitano escluso: il 22 febbraio al Bentegodi contro il Verona). Poca precisione e tanta frenesia. Sul risultato pesano gli errori di Ibarbo. Che non fosse il finalizzatore tanto atteso si sapeva (non è diventato bomber nemmeno allenato da Zeman: solo lui…),ma certi sprechi sono imperdonabili. Sull’1 a 0 per la Roma e sull’1 a 1, ha fallito di testa, sempre su cross di Florenzi, occasioni grandi così. Doumbia, entrato per Ljajic, fa solo tanta tenerezza. Per i movimenti da gattone smarrito. Il Torino, nel finale, ha pure avuto due chance con Gazzi e Farnerud per il ribaltone. Sarebbe stato troppo. ARBITRO TRADITO Irrati non convince nelle decisioni che contano. Sono in particolare due: il rigore concesso per il presunto fallo di Moretti su De Rossi e l’aggancio forse fuori campo di Peres che è fondamentale nell’azione del pari di Maxi Lopez. Sono gli addizionali Mazzoleni, nel primo caso, e Baracani, nel secondo, a far sbagliare il direttore di gara che di suo si perde anche l’appozzata di Moretti su Doumbia. Irrati non fa peggio di Banti che, un anno fa, considerò regolare la spinta di Meggiorini a Benatia nell’azione del pari di Cerci e negò il rigore a Pjanic. Di peggio, però, dopo il nuovo viaggio a Torino c’è il terzo posto