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IL TEMPO Cause e ricorsi, guerra infinita tra il club e Kappa

Robe di Kappa
Robe di Kappa

(V. Di Corrado) Continua a colpi di ricorsi ai giudici civili la guerra tra l’As Roma e la Basic Italia spa, in merito alla fornitura dell’abbigliamento sportivo della squadra giallorossa a marchio Kappa. La vicenda legale inizia quando, il 23 novembre 2012, la Roma comunica alla società torinese la risoluzione anticipata del contratto di sponsorizzazione tecnica (firmato il 12 giugno 2010, con scadenza il 30 giugno 2017) perché la merce fornita era ritenuta scadente e difettosa. A quel punto Basic Italia, titolare del brand Robe di Kappa, il 5 dicembre 2012 cita in giudizio l’As Roma e la Soccer sas, società titolare del marchio giallorosso e deputata al merchandising. L’azienda d’abbigliamento torinese che fa capo alla BasicNet spa, ha chiesto per i danni subiti (anche nel mercato borsistico) la condanna di As Roma e Soccer a risarcire 62 milioni di europer l’«illegittima risoluzione» del contratto per gli articoli sportivi e da stadio e dell’accordo relativo alla fornitura di prodotti «Private Label Roma», in cui rientrano i capi casual per uso privato.

Una pretesa risarcitoria che il gruppo sportivo ha ritenuto «inammissibile e destituita di ogni fondamento», convinto, al contrario, di essere creditore nei confronti di Kappa per i danni di immagine patiti, sia nel contesto commerciale, sia verso i tifosi, quantificati in 135 milioni di euro. Nel frattempo, va avanti anche un’altra causa fatta da Basic Italia a Soccer per ottenere il pagamento di fatture per la fornitura di materiale tecnico consegnato nel corso del 2013.

C’è infine un terzo fronte giudiziario. La società giallorossa ha escusso due volte la fideiussione rilasciata dalla Bnl a garanzia dell’azienda torinese, per un importo di 5,5 milioni. A fronte del mancato pagamento, la Roma ha presentato ricorso per ottenere una condanna della banca. Entrambe le volte, il Tribunale di Roma ha respinto le domande del gruppo calcistico, ritenendo l’escussione illegittima. L’ultima pronuncia del 15 dicembre 2014, è stata impugnata dalla Roma davanti alla Corte d’appello di Roma. L’udienza è fissata per l’8 giugno.

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