(G. Piacentini) – Spesso nel calcio dall’essere considerato un bidone a uomo della provvidenza il passo è breve. Lo ha capito anche Seydou Doumbia, che ha visto la sua vita sportiva cambiare in quattro giorni, quelli trascorsi dalla vittoriosa trasferta di Reggio Emilia col Sassuolo al successo casalingo contro il Genoa, che ha restituito alla formazione giallorossa il secondo posto. In entrambi i casi ad aprire le marcature ci ha pensato lui, l’uomo arrivato nel mercato di gennaio per rinforzare un reparto offensivo sterile, e bocciato senza ancora aver messo piede in campo.
Prima della gara col Sassuolo, dicono le statistiche, non aveva mai tirato dentro lo specchio della porta: colpa di una condizione fisica approssimativa – proviene dal campionato russo che si ferma da dicembre a marzo e da una Coppa d’Africa che ha tolto energie anche a giocatori più in forma come Gervinho e Keita – e di una gestione «spericolata» da parte di Rudi Garcia, che non gli ha facilitato il compito facendolo giocare poche ore dopo il suo arrivo.
Con lui in campo, la Roma sembra aver ritrovato quelle soluzioni offensive che solo un centravanti vero può dare: sono da attaccante puro il colpo di testa col Sassuolo e il movimento a rientrare che taglia fuori la difesa del Genoa sul gol di ieri, il primo all’Olimpico. «L’area è il suo giardino – ha detto ieri Rudi Garcia – quando giochiamo con un attacco manovrato è importante avere uno come lui che conosce ogni centimetro dell’area. A Trigoria siamo sempre stati fiduciosi, gli serviva un po’ di tempo per adattarsi». Avevano ragione, perché Seydou, uscito prima per un affaticamento muscolare che sarà valutato nelle prossime ore, è riuscito a tramutare i fischi in applausi. Cosa che a Roma, in passato, non è riuscita a tutti, ma solo ai grandi giocatori.