(D. Stoppini) Non ci fosse stata la squalifica che gli ha fatto saltare la sfida contro l’Inter, persa per 2-1 a San Siro, sarebbe stato percorso netto. Otto presenze su 9 gare, è lo score personale di Davide Astori subito dopo la sfida con la Juventus, quella che di fatto ha archiviato definitivamente anche le ultime speranze tricolore della Roma. Da allora Astori ha ripreso a correre, con l’unico grande obiettivo di convincere la Roma a riscattarlo. Servono 5 milioni di euro, non pochi. Ecco perché in queste 4 partite il centrale bergamasco si gioca l’all in , a cominciare dalla sfida al suo passato: il Milan, il club in cui è cresciuto.
STRANO EX – Già, proprio il Milan. Astori lì ci è arrivato dal Ponte San Pietro, squadra satellite dei rossoneri, e ci è rimasto fino alla Primavera. Poi un paio di esperienze nella vecchia C con Pizzighettone e Cremonese ed il volo a Cagliari, dove è rimasto in comproprietà con i rossoneri fino al 2011, venendo poi riscattato dai sardi per 4 milioni di euro. Nel 2013 Allegri, all’epoca ancora al Milan, ne aveva chiesto il ritorno a casa, adesso a San Siro ci torna con la maglia della Roma. E lo fa probabilmente nel suo momento migliore, che gli ha permesso di accumulare presenze su presenze e guadagnarsi sul campo il posto da titolare al fianco di Manolas. Ai danni di Yanga-Mbiwa, nel frattempo relegato in panchina ereinventato da Rudi Garcia terzino destrod’emergenza. Astori no, lui ha convinto Garcia con i piedi e la maggiore qualità, dopo che proprio con il francese aveva avuto un duro confronto. Successe poco prima del Chievo, la prima partita in cui ritornò titolare. E a rassicurare il centrale lombardo intervenne anche il d.s. Walter Sabatini. Evidentemente con parole dolci ed efficaci, perché da allora il suo rendimento è andato in crescendo (anche se gli svarioni difensivi non sono mancati, uno su tutto quello che ha portato al rigore trasformato da Denis in casa con l’Atalanta).
PORTAFORTUNA – Mapou Già, Yanga-Mbiwa, l’uomo che sembrava aver messo in un angolo Astori e che invece ora quasi si trova ad inseguirlo. Che poi a un certo punto quasi conviene traslocare, piuttosto che mettersi a discutere col vicino di casa. Se poi il trasloco porta pure fortuna, tanto meglio. È quello che sta succedendo a Mapou, che adesso è diventato il terzino destro da occasione, meglio ancora dei momenti difficili. Rudi Garcia s’inventò la mossa in Cesena-Roma: 13 minuti largo sulla fascia, a blindare uno 0-1 pesantissimo in termini di classifica, ancor più per un momento complicato a livello ambientali. Per carità, non che fosse un inedito per Yanga-Mbiwa, che qualche partita nella sua carrera — Tra Montpellier e Newcastle — da terzino l’aveva pure giocata. Ma era un inedito per la Roma e per Garcia, che da quel giorno però ci ha preso gusto: 20 minuti col Napoli, 8 con il Torino, 23 col Sassuolo, 18 con il Genoa. E la Roma è sempre riuscita nel suo intento, quello di non subire gol, portando a casa quattro vittorie e un pareggio. È il simbolo della nuova Roma, quella che bada al sodo, che al posto del caviale ha capito che ogni tanto si può pure campare di pane e prosciutto. In fondo non è più tempo di Maicon, non è mai stato tempo di Castan: la Champions va chiesta (anche) a Yanga-Mbiwa e Astori.