(A. Masala) – La notte porta consiglio? Forse, non siamo così sicuri, almeno a giudicare da ciò che è accaduto a Roberto Donadoni ed Hernanes: una bella dormita non li ha aiutati a tenere il punto dopo le loro stoccate. Due storie diverse, accomunate da curiosi epiloghi. Chiamatele sterzate, se automobilisti, oppure strambate, se velisti. Gesti a volte virtuosi, a volte maldestri, Come capita a Donadoni ed Hernanes.
L’allenatore del Parma, dopo la rissa sfiorata nel finale con il Napoli, accusa: «Sentirsi dire che dovevamo perdere perché siamo falliti è indecoroso, indecente e schifoso». Chi conosce il tecnico gialloblù non si stupisce della reazione: Roberto è un uomo corretto, mai e poi mai si sognerebbe di uscire sconfitto senza giocarsela. I suoi compagni a Milanello lo ricordano bene: non sopportava nemmeno di perdere a biliardo o alle carte, men che meno in partitella. Donadoni tutto d’un pezzo, che c’è di strano? Beh, c’è di strano che il giorno dopo l’allenatore sente il bisogno di correggere il tiro. «A fine partita ho avuto una reazione forte, ma è finita lì, il capitolo è chiuso abbondantemente. Non bisogna aspettare che qualcuno ti regali qualcosa, nemmeno con una squadra retrocessa e fallita. È lecito pensare che certe cose non accadano e che non si arrivi a tanto, ma preferisco metterci una pietra sopra». A proposito di pietre, però, non è che si può scagliare un macigno e poi nascondere la mano. Tanto che ci sarebbero gli estremi per l’intervento della Procura Federale. E qui Donadoni si trasforma da ex centrocampista dai numeri divini in libero vecchia maniera e spazza via in tribuna, non in tribunale: «L’apertura di un’indagine mi sembrerebbe un’assurdità, vorrebbe dire aggiungere sciocchezze su sciocchezze». Sciocchezze? Sarà… Le parole sono importanti, gridava il pallanotista Nanni Moretti in Palombella rossa. Non è che abbiamo scherzato. Se davvero Donadoni ha visto e sentito porcherie, continui dritto per la sua strada, non ha bisogno di altri dribbling per la standing ovation. Altrimenti adeguiamoci tutti all’andazzo italico del «tengo famiglia», del «volemose bene».
Anche a Hernanes il lunedì serve per spiegare, precisare, o meglio ritrattare. Il giorno prima con l’Inter all’Olimpico firma una doppietta vincente alla sua ex, la Lazio. E vai con le capriole: non è soltanto provetto ginnasta a corpo libero, ma è anche schermidore. Giù stoccate a Claudio Lotito: «Mi dispiace per i tifosi, ma la dedica era per il presidente. Ha parlato troppo, ha considerato la mia cessione un affare». Frasi da vendetta, ieri però il Profeta si esibisce in un’altra giravolta, stavolta verbale: «A tutti i tifosi laziali volevo chiedere scusa perché se io avessi saputo prima che la mia capriola sarebbe stata interpretata come una mancanza di rispetto nei vostri confronti, non l’avrei mai fatta! L’orgoglio a volte ti porta a fare cose che neanche capisco bene». Poi, sempre più difficile!, avanti con la capriola più avvitamento: «Se osservate bene, non ho esultato quando ho segnato contro di voi a San Siro e nemmeno per il secondo gol all’Olimpico e anche la capriola è stata triste, senza esultanza!». La capriola triste, questa ci mancava, può risultare utile a tutti quelli che annunciano «se segno, non esulto», schiera affollata, ma chissà perché e in base a quale oscura logica. Donadoni ed Hernanes insomma sono tormentati, ma non si lacerino più di tanto in ulteriori riflessioni. Abbiano il coraggio dei loro sentimenti e delle loro azioni: di sicuro strapperanno tanti altri meritati applausi.