(M. Cecchini) – Non sappiamo se la chiesa sia tornata al centro del villaggio, perché di questi tempi l’urbanistica della Capitale è alquanto incerta. Di sicuro però la Roma, battendo il Genoa per 20 grazie alle reti della strana coppia Doumbia (l’estraneo) e Florenzi (nuovo «core» giallorosso)scavalca la Lazio e si insedia al secondo posto. Sorpasso cittadino non riuscito invece al Grifone, che non sa approfittare del k.o. di sabato della Samp. Per la squadra di Garcia, una vittoria particolare almeno per due ragioni, una storica e una psicologica: è la numero 1000 per la Roma in casa; è la prova che la pace tra gli ultrà (che pure hanno tifato) verso squadra e presidenza non è ancora in cantiere, visto che si sono di nuovo sentiti i cori: «Tifiamo solo la maglia» e «Noi non siamo americani» e «Pallotta pezzo di m…», per fortuna quest’ultimo subissato dai fischi del resto dell’Olimpico.
MILLE IN CASA Garcia, per la prima volta in 46 partite, schiera la stessa formazione del match precedente. Alla luce del primo vero caldo sembrerebbe un azzardo, però la mossa paga. Gasperini invece cambia parecchio, per necessità e scelta. Fuori Burdisso squalificato e Perotti infortunato, il tecnico lascia in panchina Falque per un tempo con Edenilson e Tino Costa (entrerà nel finale) perché diffidati. Ma a fare la differenza è la tattica diversa rispetto al passato. Il predominio nel possesso palla è per i rossoblù (56,2% contro 43,8%), che in fase offensiva provano a muovere sempre la palla sul lato debole per favorire gli inserimenti, mentre in non possesso scatenano tutti i centrocampisti in marcatura a uomo: Bertolacci va su De Rossi, solito vertice basso del triangolo di mediana, mentre Kucka e Rincon a turno si alternano su Nainggolan e Pjanic, senza contare che in copertura si abbassano sia Laxalt che Bergdich, modificando così il 4-3-3 di base in un 4-4-1-1. Il problema è che il Genoa in avanti regala un tempo per la fragilità offensiva degli esterni e la fumosità di Niang. Non è un caso che nella ripresa, con l’inserimento di Falque, le cose migliorino un po’, ma la frittata era già stata fatta. Protagonista Roncaglia, che al 35’ in pratica fa l’assist a Doumbia deviando un pallone di Nainggolan verso l’ivoriano, che evita Izzo e De Maio, prima di mettere in rete. Non basta. L’argentino nella ripresa commette anche un fallo rigore su Torosidis (20’), ma l’arbitro lo grazia ammonendo il povero greco. A quel punto però la gara è indirizzata: la Roma ha le praterie gradite. La differenza è che Gervinho è l’ombra di sé, mentre Doumbia – gol a parte – deve trovare la migliore condizione, e l’infortunio lo dimostra. Buon per Garcia che Ibarbo si sacrifichi da sherpa e Florenzi mostri dinamite, visto che gli strappi di entrambi allungano una Roma con un baricentro più basso rispetto al Genoa. La trazione posteriore comunque produce più effetti, visto che nei primi 45’ Perin deve intervenire su due conclusioni di De Rossi e Nainggolan (quest’ultima deviata da Roncaglia), che si ripete nel finale di tempo, mentre De Sanctis non rischia mai davvero.
SVEGLIA FALQUE Nella ripresa, l’inserimento di Falque sveglia l’attacco. È lo spagnolo che al 12’ conclude per la prima volta pericolosamente, chiudendo un triangolo con un Bertolacci, stavolta esangue. La Roma arretra ancora, passando prima al 4141 con l’inserimento di Iturbe e poi a un 442, irrobustito nel finale, trapattonianamente, con l’ingresso di Holebas avanzato. A parare di più però è ancora Perin, che dice no a due conclusioni dal limite di De Rossi (18’) e Gervinho (23’), perché il vero brivido De Sanctis lo corre con un’uscita un po’ maldestra su Kucka, che Astori anestetizza (40’). Nel finale il Genoa sembra avere più birra, così Gasperini passa al 3-3-4, col difensore Izzo a fare il centravanti. Ma zucchero e veleno sono in coda, perché al 47’ l’evanescente Lestienne non riesce a deviare in porta di testa un cross dalla destra e pochi secondi dopo invece la impressionante cavalcata di Florenzi finisce in gloria con il siluro sotto la traversa. Roma in paradiso e Genoa rimandato. Occhio però: i verdetti dei derby cittadini sono ancora tutti da scrivere.