(A. Catapano) – Dal centro del campo, dove un tempo trottava e vinceva pure Varenne — oltre che i Soldatino, King e D’Artagnan di Febbre da cavallo — lo sguardo arriva alla cupola di San Pietro e Paolo, il punto più alto del quartiere, proprio dove viveva Pasolini. Poco più in là, la sagoma inconfondibile del Palazzo della Civiltà del Lavoro, che i romani chiamano affettuosamente Colosseo quadrato. Fellini ci passava giornate intere, e ci girò alcune scene de La dolce vita . È il monumento simbolo dell’Esposizione universale di Roma, un’antesignana dell’Expo, che nel 1942 avrebbe dovuto celebrare il trionfo dell’architettura fascista, versione metafisica dell’antica Roma, prima che scoppiasse la guerra. In questo pezzo di terra bagnata dal Tevere, sulla direttrice che porta all’aeroporto di Fiumicino ma ad un passo dalla città, proprio dove allora la capitale cominciò a espandersi verso il mare, (un) domani sorgerà lo stadio della Roma, avveniristico per materiali e sicurezza ma ispirato proprio a quell’antica romanità: «Un Colosseo moderno, in acciaio e vetro, ma con parti delle tribune costruite in travertino», rivendica con orgoglio Dan Meis, l’architetto venuto da una cittadina del Colorado per disegnare un’opera da un miliardo e mezzo di investimenti.
AMBIZIONI Ecco, rispetto alle velleità di espansione che generarono l’Eur, non si pensi ad ambizioni tanto più piccole. Anzi, in questo primo giro concesso alla stampa, in cui ci accompagnano il Ceo del progetto Mark Pannes, texano di Austin, e il d.g. romanista Mauro Baldissoni, camminiamo su un’area di 54 ettari. Benvenuti a Tor di Valle. Scelta tra 120 proposte, preferita dopo l’ultima scrematura alla Palmiro Togliatti e a Torre Spaccata, a lavori completati ospiterà uno stadio da 52.500 posti estendibili a 60mila, concepito per calcio e concerti; cinque campi di allenamento nei quali si trasferirà la prima squadra, mentre Trigoria diventerà, nelle migliori intenzioni, una versione romana de La Masia di Barcellona; una cittadella dell’intrattenimento, denominata Convivium, che farà da collante tra la zona sportiva e il centro direzionale, in cui sono previste tre torri di 200 metri disegnate dall’archi-star Libeskind, effetto della compensazione edilizia (non residenziale, of course ) che il costruttore Luca Parnasi, partner di Pallotta, piazzerà ai migliori offerenti. I numeri sono impressionanti: 3.000 posti di lavoro e 400 milioni il costo solo per lo stadio. Quando il progetto, a cui lavorano 30 persone e un paio di grandi multinazionali dell’edilizia, sarà stato completato e avrà ottenuto l’ultima autorizzazione, prima che partano le costruzioni, fissate ottimisticamente a fine anno, dalle tasche di Pallotta, Parnasi e partner saranno usciti già 55 milioni.
GLI OSTACOLI Sono almeno tre: le opere pubbliche richieste dal Comune tra prolungamento della metropolitana, svincoli stradali e ponti pedonali, del valore complessivo di circa 320 milioni, per ammissione di Pannes «superiori alle nostre proposte iniziali»; il denaro (di difficile reperimento) e i tempi necessari a completarle (senza, lo stadio non otterrà l’agibilità); i passaggi burocratici ancora da fare, prima in Comune, dove attendono il progetto esecutivo entro il 15 giugno, poi in Regione (ma Pallotta si è portato avanti con il Governatore Zingaretti). Perciò, tra autorizzazioni e collaudi, «lo stadio — ammettono Pannes e Baldissoni — non sarà pronto prima dell’estate 2018», sempre che nel frattempo non intervengano i tipici ritardi italici. Totti, se va bene, avrà 42 anni.