(A. Pugliese) Se è vero che Lazio-Roma per Rudi Garcia vale come una finale e — come tale — è una partita da vincere, è anche vero allora che bisogna affidarsi a chi le finali è abituato a giocarle. E nessuno nella Roma più di Seydou Keita ha nel Dna i cromosomi vincenti, quelli che si formano giocando (e — appunto — anche vincendo) le partite pesanti, quelle da dentro o fuori, della vita. Proprio come lo è una finale. Ecco perché l’allenatore francese sta pensando di affidarsi proprio a lui nel derby di lunedì prossimo, una partita decisiva per il cammino verso la prossima Champions League.
I DERBY IBERICI Dovesse giocare (come sembra sia nelle intenzioni di Garcia), quello di lunedì sarebbe il primo derby capitolino di Keita (l’11 gennaio, il giorno della sfida d’andata, il centrocampista era infatti in Coppa d’Africa, impegnato con il suo Mali). E considerando che Keita i derby è abituato a giocarli e — per fortuna della Roma — anche a vincerli, sembra un buon punto di partenza per i giallorossi. In Spagna, con la maglia del Barcellona, il maliano ha infatti incontrato per 8 volte l’Espanyol, riportando 4 vittorie, tre pareggi e una sola sconfitta. Ancora migliore, poi, il bilancio contro il Real Madrid, nel Superclasico , il vero derby di Spagna, quello che agita i cuori di un po’ tutti gli amanti del calcio spagnolo e non solo. Lì, in quelle sfide da far tremare i polsi, Keita ha portato a casa ben 8 vittorie in 12 partite, incassando poi anche tre pareggi e una sola sconfitta. Considerando che davanti c’era il Real, un bilancio da brividi, anche per il Barcellona delle meraviglie, quello che con Guardiola ha fatto scorpacciate di vittorie e trofei così grandi da fare indigestione.
A SINGHIOZZO Ecco anche perché Garcia molto probabilmente punterà su Keita, perché è uno che ha l’abitudine a convivere con la pressione di partite come queste. Dopo la distorsione al ginocchio subita in Europa League contro la Fiorentina, il maliano è andato a singhiozzo, giocando scampoli di gara contro Atalanta, Inter, Sassuolo e Udinese e restando in panchina contro il Milan (out per infortunio, invece, contro il Genoa). In tutto cento minuti, alla media di 25 minuti a gara, considerando che una gara da titolare in campionato non la gioca oramai dal 16 marzo, oltre due mesi fa, il giorno della sconfitta casalinga (0-2) con la Sampdoria. Adesso, allora, è tornato il momento di riprendere per la mano la Roma e condurla fino al traguardo Champions. Poi Keita potrà anche decidere cosa fare, se restare ancora un anno firmando un nuovo contratto o andare a cercare fortuna altrove.
PROVE DI MODULO Proprio per mettere dentro Keita, Garcia sta anche pensando di poter cambiare il modulo, passando al 4-3-1-2, con una mediana muscolare formata dal maliano, De Rossi e Nainggolan e Pjanic spostato più avanti, ad agire da trequartista. Un modulo spregiudicato e per alcuni versi rischioso, contro una Lazio che ha due ali straripanti come Candreva e Felipe Anderson. Garcia studierà soluzioni in settimana, ma di certo il 4-3-3 sembra più funzionale a contenere l’esplosività dei due esterni biancocelesti, con Ibarbo e Iturbe bravi a sacrificarsi in fase difensiva e pronti a trasformare in fase difensivo il modulo in un 4-5-1 che toglierebbe spazio ad Anderson e Candreva e permetterebbe una maggiore assistenza sulle fasce ai terzini giallorossi. Quale sarà alla fine il modulo scelto da Garcia, Keita dovrebbe comunque esserci. Se sarà 4-3-1-2 potrebbe andare a giocare da mezz’ala, anche se il passo non è proprio quello. Se invece sarà ancora 4-3-3, a lasciargli il posto potrebbe essere De Rossi (diffidato, proprio come il maliano), uno che — nonostante i recenti buoni propositi — i derby li vive e li sente anche troppo. Keita questo problema non ce l’ha. Perché non è romano e perché di derby decisivi e di sfide pesanti in carriera ne ha giocati un’infinità, anche molti di più dello stesso De Rossi.