(D. Stoppini) Ma chi lo vince questo derby? Chi sa vincerlo, questo derby? Perché il curriculum ha il suo peso, questo non è un match nel quale entrare in campo e commentare «oh che bella coreografia». Tutti dietro a Francesco Totti, allora. Tutti a colloquio con il numero 10, che magari qualche trucco potrà regalarlo ai suoi compagni. Lui, solo lui nella Roma di domani, sa come si fa a firmare un gol decisivo alla Lazio, a disegnare un passaggio vincente. Gli altri vanno alla scoperta, forse non è proprio un bell’andare. Magari qualche derby l’hanno pure vinto, in qualche altra sfida hanno pure segnato. Ma mai che una loro giocata abbia definito un risultato positivo contro la Lazio.
QUI GOL INUTILI Come si vince un derby, allora conviene davvero chiederlo a Totti. Magari glielo domanderà Iturbe, che nella sfida d’andata non vide palla nel primo tempo, fece tanto fumo e poco altro nel secondo, quella della rimonta. Poi stop. E un terzo dell’attacco Roma domani sarà il suo. L’altro 33% sarà sulle spalle di Ibarbo, che l’atmosfera di un Lazio-Roma la scoprirà domani. Lui è uno di quelli che guarderà il contorno: Rudi Garcia deve sperare che non si distragga troppo, che magari trovi lì l’ispirazione per il primo gol in giallorosso. Oppure per un assist, quello che basterebbe a De Rossi per esultare alla… De Rossi. È il derby numero 25 per il centrocampista, che un gol alla Lazio è riuscito sì a segnarlo, ma inutile ai fini del risultato. Più o meno la stessa sorte di Pjanic, che quel gioiello da centrocampo o giù di lì su punizione servì solo per sbraitare contro Zeman. Il bosniaco ha vinto solo uno dei 7 derby giocati, peraltro senza risultare decisivo: non un curriculum da mostrare orgoglioso, neppure un compagno a cui andare a chiedere come fare per vincere.
RADJA E ALE Prendi Radja Nainggolan: una sfida vissuta in panchina, un’altra da protagonista…per modo di dire. Perché a gennaio uscì alla fine del primo tempo, con la Roma sotto di due gol, al termine di una delle peggiori prestazioni con la maglia giallorossa. Di sicuro una partita sentita troppo, e certo che qui chiedere consigli a Totti diventa davvero dura. Come si gestisce la tensione? Vallo a chiedere ad Alessandro Florenzi, che in settimana è stato notato teso come le corde di un violino. Chissà se gli riuscirà di suonare, lui che in panchina ha visto tutto il derby più brutto — quello in finale di Coppa Italia — e che in campo tutto sommato non ha un brutto score: 1 sconfitta su 5 partite. Gli manca l’urlo per una giocata, per un assist, un gol: forse terzino, forse esterno alto, di sicuro quest’anno ha dimostrato ancor più che in passato di saper far male da qualsiasi posizione.
I DIFENSORI Hai visto mai non capiti nel derby. Hai visto mai non la decida un difensore. Manolas, Torosidis, Yanga-Mbiwa, Astori, Holebas: chi gioca gioca, nessuno sa davvero come si fa a mettere la partita in discesa. Nessuno sa come si fa a toccare il paradiso. Il paradiso vero, dopo che l’inferno del quarto posto è stato scongiurato e il purgatorio del terzo «assicurato» dalla sconfitta del Napoli a Torino. Magari Rudi Garcia si aiuterà con qualche filmato. Di sicuro non potrà dire «giochiamola con l’esperienza». E allora l’esperienza bisognerà farsela sul campo. Qualcuno imparerà dagli errori fatti. Qualcun altro viaggerà su quel filo sottile che divide l’animo leggero della prima volta e l’ansia da prestazione per un match che non si può fallire. «Un derby non si gioca, un derby si vince», ama ripetere Rudi Garcia. Già, ma come? Una scorciatoia ci sarebbe: dare fiducia a sorpresa a Balzaretti e Ljajic, che nel derby del settembre 2013 segnarono i due gol vittoria. Vorrebbe dire affidarsi al curriculum, più che allo stato di forma. Provocazione troppo grande, forse, per questa Roma.