(A. Angeloni) Come sta Doumbia? Ma recupera? Speriamo bene. Sembrano passati quindici anni, un lungo periodo di ricostruzione emotiva e psicologica. Una trasformazione quasi culturale. Eppure non è così: c’è stato uno schiocco di dita, un paio di gol e il sole è tornato a splendere. Anzi, non si era mai abbassato, concedendo la scena al buio. Funziona così, si dimentica tutto e da bufala diventi un re. E oggi, setacciando i vari social network, non trovi nessuno (o quasi) disposto a ripetere il pensiero di qualche settimana fa: Doumbia, ma che l’abbiamo preso a fare? Oblio. La coerenza in questi casi non è una virtù, diventa cocciutaggine, oltranzismo, è pure difesa delle proprie idee, che è quanto di peggio possa esserci. Ma è curioso, e per certi versi anche piacevole (come di dice in questi casi: è il bello del calcio), sentire in giro la preoccupazione dei tifosi, tutti intenti a sapere come sta Doumbia e se recupera per San Siro.
E’ la parabola dell’insultato che nel finale mostra le orecchie. Come quando Giovanni Piacentini segnò uno splendido gol al derby e da quel momento diventò beniamino di tutti, non solo di chi aveva sempre creduto in lui, ma anche di chi, fino al secondo prima di quella rete, lo voleva vedere in panchina (i più buoni) o altrove (la maggior parte). Poi tutti d’accordo: avevamo ragione noi. Noi chi? Tutti, ovvio. Non è il primo caso, né l’ultimo, ma è curioso. La Roma è appesa a Doumbia, che lotta contro un problema muscolare, niente di che ma sempre pericoloso da affrontare, specie se il calciatore in questione, arrivava da un’inattività, da un infortunio, da un periodo di riatletizzazione e da due partite in quattro giorni giocate da titolare.
A San Siro vuole esserci, lo vuole Garcia e a questo punto lo sperano in tanti. Oggi si saprà se questo dolorino sta scomparendo o meno. Ha svolto, ieri, un lavoro differenziato, in mattinata dovremmo vederlo in campo insieme con gli altri. Ci tiene, tutti lo aspettano, perché finalmente la Roma ha trovato uno in grado di riempire l’aria, di essere padrone del giardino. San Siro è uno stadio dove forse, Doumbia, ha vissuto il momento più basso del suo arrivo nella capitale. Due settimane fa, un tifoso (o pseudo tale, per dirla alla Garcia) lo ha filmato mentre effettuava un riscaldamento, che poi non era un riscaldamento. Ci sono state le difese della società, la forte presa di posizione dell’allenatore e il caso è rimasto lì. Non era ancora il Doumbia dirompente delle ultime due partite, era ancora un corpo estraneo. Uno che faticava a stoppare un pallone. I gol li ha sempre fatti, la Roma lo ha preso per quello. Resta, al di là di quello che può essere ora e quello che sarà in futuro, un acquisto sbagliato, perché quando c’era bisogno di lui, lui era a riatletizzarsi. Gennaio. Non giugno o luglio. Oggi le cifre, gol a parte, sono comunque modeste: presenze 9, 4 da titolare, è subentrato 5 volte senza mai lasciare traccia, ha segnato 2 gol, tirando sei volte, due dei quali in porta (i due gol, appunto), 1 volta furi e ben 3 sono stati respinti, è finito 5 volte in fuorigioco, ha vinto 3 tackles, ha commesso 7 falli e 7 ne ha subiti, ha perso 6 palloni, 8 volte ha controllato male la palla (ridandola agli avversari) 8 volte, contrasti aerei persi 9, vinti 1, passaggi corti riusciti 43, non riusciti 17, ha vinto 8 dribbling e ne ha persi 4. Ma sono quei due gol che ti mandano in paradiso. Il resto non esiste.