(A. Angeloni) – Fischia Rizzoli: vince la Roma, la Lazio dal sogno del secondo posto al rischio di arrivare quarta. All’Olimpico si può ascoltare a tutto volume “Vola Lazio vola”, lo storico inno della Lazio, quello dell’aquila nel cielo, ma abbassi lo sguardo verso il campoe si impone agli occhi il festeggiamento dei giocatori della Roma. La colonna sonora stona, magari ci vorrebbe un “Grazie Roma” o un “Roma, Roma Roma”, ma la Lazio giocava in casa e non era possibile. Qualcuno, per ciò che è accaduto, si arrabbierà, appellandosi al famoso cattivo gusto, quello che di solito sfoggiano i perbenisti della prima e dell’ultima ora. Alla fine sono storie di derby, il calcio è del popolo. E la storia è questa, vecchia ma sempre nuova. Irriverente. I calciatori della Roma, capitanati da Totti indossano delle maglie (che sull’idea di quelle t-shirt ci ha messo più di uno zampino…), preparate per l’occasione. L’occasione, ovvio, doveva essere la vittoria. Totti ne indossa una, con scritta avanti e retro. Avanti: “Stai sempre a parlà, ora che te voi inventà”. Retro: “Game over”. Intorno a lui trotterella un sorridente Florenzi, che ha un’altra maglia. E questa recita così, avanti: “Rigiochiamo anche domani”. Retro: “Non ho parole”. Chiaro il riferimento allo spostamento voluto dalla Lazio e dal suo presidente, che la Roma ha accettato. Ma si sa, la vendetta si consuma fredda e con un po’ di ironia. Un’altra t-shirt esibita dal capitano della Roma, protagonista della festa post gara, con una scritta: “La Grande Bellezza”. E poi alla fine dirà: «La Roma è semplicemente la Grande Bellezza. Lo è stata e sempre lo sarà». Occhio, però, oggi arrivano i perbenisti. Totti poi alle maglie è abituato: dal “Vi ho purgato ancora” al “6 unica”, che andava bene per la Roma e per Ilary che sarebbe poi diventata sua moglie. E’ abituato a provocare, spesso con ironia (a volte con un pizzico di cattivo gusto, questo sì) e a subire i rimbrotti dei rivali della Lazio. Lo show in campo dura un quarto d’ora circa e poi i giocatori entrano negli spogliatoi. Pausa. Dieci minuti, quando lo stadio si stava svuotando, molti di loro si riaffacciano sul terreno di gioco, prendono un pallone e mimano un paio di gol nel vuoto del campo, tra gli olè di chi era rimasto in Sud e i fischi di chi stava per abbandonare la Nord. Nord che a fine partita ha applaudito tutti i suoi giocatori, perché l’impegno non è mancato da parte di nessuno. Solo che da festeggiare c’era poco in effetti. Nulla, diremmo. La Nord, prima della partita, ha messo in mostra una scenografia impressionante: una grande aquila gialla sullo sfondo bianco e celeste, sotto con un striscione ad accompagnarla: “La sua virtù sfida da sola le tenebre». La Sud non ha risposto con i colori, ma con una protesta verso Pallotta, il presidente. Pian piano una serie di striscioni. 1) “Nessuna coreografia per la nostra dignità, un vero presidente non insulta la sua gente”. 2)”Dare degli infami è la tua filosofia, ma in pista ci sei tu, digos e polizia”. Poi una serie di scritte da derby vecchie maniere, sempre tinte di giallo e rosso. 1) Secondo posto: per noi il minimo sindacale, per voi una vittoria mondiale. 2) Ti senti fiero di gloria ma nasce al Pippa Nera la tuamisera storia. 3) Tuo nonno tifava Lazio, mio padre ti ha fatto cambia curva. 4) Che ricordi quella maglietta: le partite truccate e la serie cadetta.
OLTRE LA GIOIA Poco urbani i gestacci di Garcia verso la panchina della Lazio a fine partita e di De Rossi verso i tifosi biancocelesti. Non il massimo nemmeno gli insulti (reciproci) tra Sabatini e alcuni romanisti in Monte Mario. E’ derby anche questo? Sicuramente no. Meglio una maglia, comunque innocua.