(F. Zurina) E noi che pensavamo di avere la migliore collezione di bamba: uno che parla delle quattro lesbiche, l’altro che cita Opti Poba, uno ancora che se la sghignazza sull’avversario che ha un occhio a nord e l’altro a sudest, poi c’è quello che danza in tribuna con la banda a cingergli la capa, uno che ammolla del coglione a chiunque gli passi davanti allo schermo e un altro ancora che afferma «la mafia non esiste». Roba piccola, da avanspettacolo, il vero modello che tutti unisce e riunisce e che è l’esatta proiezione di questo bambaficio si chiama Blatter e di nome fa Giuseppe, nella lingua sua Joseph. È davvero un esemplare unico, magnifico da esposizione a Zurigo e nel resto del mondo. A settantanove anni è riuscito a convincere Putin e quelli dell’Fbi che lui è innocente, anzi non soltanto ha le mani pulite ma adesso tutti dovranno fare i conti con lui stesso che è uno che perdona ma non dimentica. In verità si è dimenticato di avere promesso quattro anni fa, prima della penultima elezione, che non si sarebbe ricandidato. Ma il tempo passa e la memoria si squaglia, herr Blatter dunque con la faccia come un’altra parte del corpo, si è presentato dinanzi al mondo del pallone, duecento e nove i convocati, e ha detto loro, dopo di me il diluvio, roba che nemmeno Luigi XV avrebbe immaginato, anche se detto. Ma Blatter è questo, pronto a morire sulla poltrona che per lui è il simbolo del potere, come le donne che gli piacciono oltre previsioni, considerato che l’ex colonnello in pensione dell’esercito di Svizzera non è proprio il massimo dell’erotismo o del sex appeal ma si sa dinanzi ai numeri depositati sul conto corrente «l’ammore è cieco», anche se sbircia.
Blatter padrone è un’immagine che non rende completamente l’idea. Blatter può decidere, lui, lui solo non crediate alla favoletta della democrazia, del comitato esecutivo eccetera, dunque lui può assegnare un torneo, un mondiale, un premio, un arbitro a questo o a quel paese, in cambio di tutto, dei favori, dei privilegi, del gusto perverso del potere esercitato in tutte le sue forme, con la casa e l’ufficio tappezzate delle fotografie e degli autografi di papi, capi di stato, attori, attrici, calciatori, intellettuali, il circo che gli rende omaggio anche in cambio di un biglietto omaggio, anche quello. Un potere che i nostri politicanti se lo sognano, abituati a gestire assemblee condominiali. Qui il teatro è mondiale, dalle Fær Øer all’Oceania, da Pinerolo a Kabul, Blatter osserva e pilota qualunque cosa abbia a che fare con il pallone e, per chi non lo sapesse, lui decide anche che tipo di «ball» debba essere utilizzato in campo, lo sponsor propone e lui dispone.
Bello, no? Incredible, sììì! Ma questo è il mondo che va per conto suo, mentre gli altri si agitano. Pensate che al primo discorso dopo l’investitura che ha fatto il Nostro? Ha promesso vendetta, ha detto che inglesi e americani ce l’hanno con lui e anche Platini e poi l’Europa tutta, gelosa di avere perso la candidatura ai mondiali. L’Europa tutta? Beh, non proprio perché Vladi, nel senso di Putin, il mondiale del 2018 se l’è pappato e così la Russia si è dissociata dall’Uefa, volete mettere gli interessi? L’immagine migliore su questa coppia di potenti l’ha confezionata Guido Tognoni, ex braccio destro e responsabile della comunicazione Fifa per 20 anni: «Putin e Blatter hanno la stessa idea sulla corruzione: a loro non interessa combatterla a loro interessa combattere le indagini sulla corruzione». Dio li ha fatti e il football li ha accoppiati. Per quattro anni Blatter continuerà a fare e disfare ma posso presumere che il suo mandato andrà a scadenza prima della data prevista, perché dall’America fanno sapere che nuove incriminazioni stanno per arrivare e che il marcio esploderà come un pallone troppo gonfiato. Non è da escludere che Blatter riesca a scansarsi, come sempre. Passano i papi, passano i capi di Stato, resta lui, in piedi, seduto, coricato, da quarant’anni al servizio. Di se stesso.