(A. Austini) – Metà strada è fatta, come dice Garcia, ma il resto del percorso è una salita ripida. La Roma ha la possibilità di chiudere i giochi per la Champions con un turno d’anticipo: se batte la Lazio è fatta, con un pareggio avrebbe comunque la possibilità di giocarsi un altro match point nell’ultima gara casalinga con il Palermo. Facile a dirsi, molto più complicato a farsi. E non è certo la vittoria sofferta con l’Udinese a ridare quelle certezze che servirebbero alla Roma per preparare una stracittadina da favoriti. Ecco perché, come già deciso prima dell’impegno contro i friulani, Rudi e i dirigenti intendono riproporre il ritiro in forma «light». Ieri e oggi riposo per liberarsi dalle tossine, possibile anche grazie allo sgradito slittamento del derby, da domani si riprende a pedalare. Senza distrazioni.
Il programma d’avvicinamento alla sfida con la Lazio non è ancora stato stabilito nei dettagli, ma sarà molto simile a quello della settimana scorsa e verrà comunicato domani. I giocatori trascorreranno le due notti precedenti alla partita a Trigoria, lunedì si sposteranno in albergo e da lì raggiungeranno lo stadio. Possibile che ci sia anche una terza serata di «clausura» nel giorno in cui Garcia deciderà di piazzare l’allenamento più pesante, mentre la rifinitura di domenica verrà svolta intorno alle 18, allo stesso orario della stracittadina. Resta in vigore anche il «vademecum» con le nuove regole imposte ai giocatori: tra queste il divieto di partecipare a feste notturne e la richiesta di evitare comportamenti «disordinati» in campo. La pena per chi sgarra è una multa salata fino a 50mila euro.
Tutti finora hanno rigato dritto, nel timore di essere «controllati» dalla società in giro per la città. Oltre che dai tifosi, già duri con un paio di giallorossi incrociati nei locali nei mesi scorsi. Non un’imposizione ma un richiamo all’attenzione visto il momento cruciale della stagione. È così che ragionano sia Garcia che la società, entrambi concordi sulle controindicazioni di un ritiro vero e proprio. È anche una questione culturale: mentre in Italia i presidenti si affannano a rinchiudere le squadre nei centri sportivi, spesso solo per rispondere alle pressioni dei tifosi, in Francia è molto raro, in America neppure a parlarne.
Sta alla Roma tornare quanto prima alla normalità. Difficilmente basterà una prova come quella offerta domenica per vincere una partita complicata di per sé, contro un avversario che ha meno da perdere e corre a mille all’ora. E il ricordo della finale di Coppa Italia persa nel 2013 tornerà inevitabilmente nella mente di chi c’era. In primis i romani Totti, De Rossi e Florenzi. Quest’ultimo era in panchina insieme a Pjanic, un altro dei leader a cui Garcia chiederà uno scatto d’orgoglio.
L’allenatore è rimasto colpito in positivo da alcuni segnali della gara con l’Udinese, a partire da quel «non è successo niente ora je ne famo quattro» rivolto dal capitano ai compagni dopo il gol dello 0-1. Totti, spesso accusato di essere troppo «silenzioso», ha dato una scossa mentale prima di servire l’assist a Nainggolan, De Rossi ha cercato in tutti i modi di proteggere una difesa inceppata, Pjanic a sprazzi, e con i soliti dolori alla caviglia a cui si è aggiunto un affaticamento muscolare, ha messo al servizio della squadra i suoi colpi. Recuperare la corsa di Florenzi, col probabile spostamento dell’«eroe per caso» Torosidis a sinistra, sarà fondamentale nei duelli che si annunciano terribili sulla fascia. E se il rientro di Maicon resta un miraggio, avere un leader come Keita a disposizione consentirà a Garcia di cambiare assetto. All’inizio o in corsa.