(E. Sisti) – Le emozioni vere, del pallone che parla una lingua tutta sua, inconfondibile, arrivano alla fine. Ci pensa Alessandro Florenzi a condire con una salsa magica la giornata che riporta la Roma al secondo posto (grazie anche a Doumbia e un ex-laziale, Biava . Florenzi è quello che travolgendo gli steward andò un giorno ad abbracciare nonna Aurora in tribuna.Un calciatore come ce ne sono pochi al mondo, incontaminato, ruolo indefinito, sproporzionata attitudine al sacrificio. Non servirebbe neppure il suo capolavoro, la Roma ha già portato a casa la pagnotta, coni suoi modi spicci, non belli. E forse per questo i titoli di coda valgono ancora di più: sono puro desiderio. Alessandro dal cuore mezzo giallo e mezzo rosso ruba il tempo a Tino Costa, accelera, scappa via, corre sessanta metri a perdifiato, c’è tempo di ammirarlo mentre taglia il prato in due, c’è tempo di chiedersi quando smetterà di spingere, ammesso che lo faccia, e non lo fa, o come riesca a controllare il pallone a quella velocità, lui che non è Messi. Al cospetto di Perin centra con una sassata l’angolo alto più vicino, l’unico a disposizione. Segno che è rimasto lucido.
Siamo al prodotto da cineteca ( Peres contro la Juve): «Vorrei un passo falso della Lazio», dirà profetico il ragazzo. La domenica ha un retrogusto ammaliante, si chiude con un contro-sorpasso inaspettato, qualcosa di dolce rimane attaccato alle magliette. Il Genoa ha giocatori motivati (Niang, lago Faique nel secondo tempo) e altri completamente svogliati (Bertolacci ). Nella Roma, irretita dalla sua stessa natura (in questo momento di generale staticità non sopporta il 4-3-3), De Rossi finalmente gioca più alto e calcia due volte in porta da fuori area con la convinzione d’un tempo, Pjanic è opaco, Nainggolan vorace ma indisciplinato.
Primo lampo quando un tiro del belga deviato da Roncaglia costringe al miracolo Perin (25′). A Gervinho riescono due dribbling, il resto no. Ibarbo cerca glorie personali (si riscatterà a centrocampo nella ripresa). Per la prima volta Garcia mette in campo la formazione della partita precedente. La scelta pa-ga. Dopo aver quasi mandato in gol Izzo con un folle retropassaggio ( 24′) , è proprio Doumbia, il raffermato non più cosi raffermo, a sbloccare la partita sfruttando un analogo errore di Roncaglia: col suo bel movimento di gambe, da centravanti, lascia sul posto Izzo e De Maio (35′ ). Nella ripresa il ritmo non cala, è impossibile che cali. Al 12′ De Sanctis salva il risultato su Iago Falque, che a destra fa quello che vuole. «Uniti si vince», dice Garda, che esalta Totti che si scalda e non entra ( «è un grande capitano») e il ritrovato Doumbia («l’area è il suo giardino»). La strada per la Champions pas-a per la compattezza. Se ci arrivi occorreranno dinamismo, voglia, concretezza, coraggio, amore e i 40 milioni dell’eventuale secondo posto dovranno comprare questi ‘giocatori’.Servono «undici Florenzi», come canta la curva. Altrimenti a che serve andare in Champions?