(F. Bocca) – Ci siamo, sta arrivando, preparatevi all’urto, assumete la posizione d’impatto. Francamente non riesco a capire perché sia un derby cosi duro, al batticuore, addirittura lacerante per Roma e Lazio. Ci si gioca la Champions League, non la retrocessione in B, male che vada ci si rimette qualche milione di euro. Chi lo perde non è perduto e ha un’altra chance di recupero: la Lazio chiude a Napoli, potrebbe decidersi anche li. Si può stare così tranquilli che a Napoli temono persino il biscotto, un “non famose male” che è un classico nel calcio allo sgocciolare dei calendari. Insomma perché questo non è un derby, ma II Derby, manco fosse il giorno degli Orazi e Curiazi, manco ci si giocasse la sopravvivenza, manco fosse l’ultimo derby della storia dell’uomo?
Niente, semplicemente perché siamo a Roma e il calcio ci piace così, ansioso e drammatico, pesante, ipercondito di spezie. E se fosse l’ultimo derby di Totti? E se fosse l’ultimo derby di Lotito ( con tutti i pasticci in cui si infila )? Litigare per la data è già stata una pacchia, una goduria. È talmente carico il derby che spesso diventa violento, si gioca con un contorno straordinario di poliziotti, carabinieri, vigilia urbani. I derby non spostano solo loro stessi, ma una città intera, sono bellissimi — più a parole che nelle realtà, eccezion fatta per il bel 2-2 dell’andata — ma spesso francamente insopportabili. Insomma sarò banale ma è solo una partita di — calcio, nemmeno troppo drammatica, ma a chi lo diciamo: al muro? Si può giocare al pallone e basta? No, eh…Va bene, buon Derby.