(F.Maccheroni) – La Roma decide di decidere sul ritiro. Il dado è tratto. O trattino, vedremo. Garcia, già addolorato dall’infortunio dell’uomo più importante della sua vita calcistica – Gervinho -, se ne faccia una ragione. Cominciamo dalla prima domanda. Come decide un grande club? In maniera moderna. Nel senso che mai nessuno prima di Zecca (il braccio armato, gli occhi italiani di Pallotta), Baldissoni (avvocato-dg), Zanzi (risolutissimo Ceo) e Sabatini (ds dal senso estetico del calcio appagato da Dodò) aveva avuto un’idea così innovativa, nemmeno quel furbetto di re Salomone: ieri no, oggi sì, domani no, e poi il weekend sì. Insomma, come la preparazione atletica (sperando stavolta in risultati migliori: 31 infortuni muscolari), anche un ritiro va preso a piccole dosi prima di esplodere nel weekend. I giocatori, già stressati da un lunedì che prevedeva colazione di buonora a Trigoria, con «faccia a faccia» (facce stanchissime) con Garcia, pranzo veloce e serata tennistica al Foro Italico, avvertono la minaccia. Questa società fa sul serio. E vedrete con il nuovo stadio.