(F. Monti) Implacabile. La forza del Barcellona è nei numeri: ha vinto le ultime 4 finali di Champions League disputate (2006, 2009, 2011 e 2015); è la prima squadra a realizzare il triplete per due volte; delle 60 partite della stagione, ne ha vinte 50; è andato in vantaggio con Rakitic dopo 16 passaggi e un tiro, un’azione alla quale hanno preso parte 9 giocatori di movimento (tutti tranne Suarez); Iniesta è il primo giocatore a servire un assist in 3 finali. Entra nella storia Luis Enrique, che non andava bene alla Roma e che aveva rischiato l’esonero 5 mesi fa, quando aveva tenuto in panchina Messi e aveva perso con la Real Sociedad (1-0). È stato bravo a riprendere in mano la situazione, ricomponendo la frattura con la Pulce, così come è stato abile a rimettere in strada la squadra, dopo l’1-1 di Morata: «Sapevamo delle difficoltà che avremmo incontrato, perché la Juve è una squadra complicatissima e fenomenale. Siamo campioni d’Europa con merito, visto come siamo ripartiti e abbiamo gestito bene la palla; abbiamo sofferto quello che c’era da soffrire e ce l’abbiamo fatta. Dispiace per grandi giocatori come Buffon e Pirlo, per loro era un’opportunità unica. Quando ho iniziato con il Barcellona, non avrei pensato di arrivare così in alto, ma quando lavori bene, la speranza c’è. Le critiche che ho ricevuto non mi interessano, quello che conta è essere entrati nella storia del club. Saluto i miei amici rimasti a Roma che saranno contenti; ora possiamo festeggiare; al futuro penserò più avanti».
Che resti al Barça non è scontato. Iniesta ha assicurato che «ci sono tutte le motivazioni per vincere altri trofei nella prossima stagione», ma il più felice della compagnia è apparso Neymar. Aveva sognato un gol a Buffon e l’ha segnato, anche se a giochi fatti: «È una grande festa. La Juve è una vera squadra, ha grande qualità e forza. Abbiamo fatto i gol e per questo abbiamo vinto. È una Champions da dedicare a tutti, in particolare a noi, al nostro allenatore e alle nostre famiglie».