(A. Pugliese) – Ad essere ottimisti come è di natura James Pallotta, l’inaugurazione potrebbe avvenire ad inizio 2018. A non esserlo, invece, viene da chiedersi se l’assenza del presidente della Regione Nicola Zingaretti (vuota la sua poltrona in prima fila) sia da considerare come un segnale negativo o meno. Sta di fatto che ieri la Roma ha (ri)presentato il progetto dello stadio di Tor di Valle, stavolta quello definitivo, con tutte le modifiche chieste dal Comune dopo la dichiarazione di pubblico interesse. «Sarà l’unico stadio in Europa capace di rispondere a tutti gli standard Uefa», ha detto Mark Pannes, il Ceo del progetto. Di più, «non sarà il Colosseo, ma ci permetterà di diventare uno dei top club mondiali, garantendoci la necessaria redditività», dice felice lo stesso James Pallotta.
NUMERI E COPERTURE Ieri, dunque, un dossier di 800 pagine è finito sui tavoli del Comune di Roma. «Faremo le necessarie verifiche rapidamente e con il massimo rigore — dice il sindaco Ignazio Marino, anche lui assente alla presentazione — Lo stadio sarà uno strumento di crescita e occupazione». Già, ed infatti i numeri sono imponenti. Circa 4.750 posti di lavoro per il Master Site (stadio, business park, convivium ed infrastrutture), per un investimento che dovrebbe superare il miliardo di euro (sui rendering ufficiali si parla anche di un miliardo e mezzo complessivo). «Se il progetto venisse approvato domani, troveremmo i fondi il giorno stesso. Tutti privati, senza chiedere nulla alle istituzioni — assicura Pallotta — Stiamo ancora stimando i costi finali, ma non ci saranno problemi di fondi. Né di violenza e razzismo, quelli sono concetti che continuerò a combattere e che resteranno fuori dallo stadio».
IL PROGETTO Ed allora la palla passa ora alle istituzioni. Il Comune si prenderà un mese, poi ci saranno ulteriori sei mesi alla Regione (conferenza dei servizi). La Roma, insomma, spera di posare la prima pietra a fine anno. «Poi serviranno 22-24 mesi per costruire il tutto», dice Pallotta. Già, perché poi lo stadio (52.500 posti ampliabile a 60mila) è solo una parte del progetto (il 36% dell’area totale sarà a destinazione sportiva, il 31% dedicata all’intrattenimento e il 33% al business park). Al suo fianco ci sarà la nuova Trigoria (dove si allenerà la Roma), l’anfiteatro per concerti ed eventi, negozi, ristoranti e le tre torri del business park che tanto hanno suscitato polemiche (con il richiamo alla speculazione edilizia). «Il business park è un’operazione che consente indirettamente la realizzazione dello stadio», dice Luca Parnasi, il costruttore incaricato del progetto. È un po’ la moneta di scambio per la copertura dei costi per le infrastrutture pubbliche (prolungamento della metro e collegamenti viari). Di certo, tre torri molto belle. «Sarà un’icona della città, tre torri separate che nascono idealmente da un unico blocco di marmo», dice l’architetto statunitense Daniel Libeskind che le ha ideate. Ovvio, allora, che le reazioni siano state un po’ tutte piene di entusiasmo. «Sarà il nostro Colosseo moderno», ha detto Francesco Totti. «Il giardino dove conquistare titoli», le parole di Rudi Garcia. Di certo, può dare un mano, anche se lo stadio sarà di proprietà di una holding e non della Roma. «Era l’unico modo per finanziare il progetto, gli introiti dello stadio saranno direttamente collegati alla Roma. E vedrete che ci aiuteranno a portare sempre più grandi giocatori», chiude Pallotta. Ed allora non resta che aspettare il 2018. Ad essere ottimisti, però.