(F.M. Ricci) – Strana storia quella di Sergio Romero. È alto 1 metro e 91 e l’hanno sempre chiamato Chiquito , «piccoletto». Sono due anni che non è titolare nel suo club eppure nel frattempo ha giocato un Mondiale e una Copa America ed è diventato il portiere argentino con più presenze in nazionale, superando il mito Ubaldo Fillol. In attesa di capire quale sarà il suo futuro, a Roma o altrove, Romero para e pensa alla nazionale: «Io sono concentrato solo sulla Copa America – ci ha detto qualche giorno fa –, ci sarà tempo per pensare alla prossima stagione. Per ora l’obiettivo è uno: vincere qui in Cile».
PANCHINA FISSA Dove Romero è arrivato con alle spalle una sola partita giocata con la Sampdoria nei primi 5 mesi dell’anno, una sconfitta con l’Inter in Coppa Italia, e appena 9 presenze da titolare in A, l’ultima prima di Natale. E accompagnato dai legittimi dubbi del Tata Martino, indeciso tra Romero e Andujar. Alla riserva della Samp era successa la stessa cosa un anno fa in Brasile con un altro c.t., Sabella, ugualmente in dubbio perché con Ranieri a Monaco il Chiquito aveva iniziato appena due partite di Ligue 1. Il tecnico romano gli preferiva il croato Subasic. Al Mondiale Romero titolare e finalista sconfitto dalla Germania, Subasic riserva della Croazia.
NO AL BASKET L’argentina ha cambiato allenatore però non ha cambiato portiere, e così Romero ha superato il suo mentore: fu il «Pato» Fillol a portarlo in prima squadra nel Racing di Avellaneda nel 2003. Il portiere del Mondiale ’78 si è fermato a 58 presenze in nazionale, Romero con la Colombia arriverà a 63. Quando era al Racing Romero prese la decisione più importante della vita: i dirigenti della squadra di basket Gimnasia y Esgrima chiesero al padre di Sergio di prendere il figlio che sino ad allora aveva praticato entrambi gli sport. Avevano già in rosa il fratello Diego, pivot di 2,08 che ha giocato anche nella nazionale argentina e negli Usa a livello universitario, e avevano ottime referenze del Chiquito , così detto perché era il più basso dei 4 fratelli. Sergio era tentato perché aveva nostalgia di casa e si sarebbe avvicinato alla famiglia, il padre gli consigliò d’insistere col calcio. Ottima scelta. Almeno per quanto riguarda la nazionale.