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CORRIERE DELLA SERA La Cassazione: “Calciopoli associazione per delinquere”

Luciano Moggi
Luciano Moggi

(A. Catapano) – L’avvocato Bruno Catalanotti, difensore di Bologna e Brescia, ci ha creduto più di tutti e adesso, alla luce delle motivazioni depositate dalla Terza Sezione della Cassazione, può commentare con sarcasmo: «Serve altro per indurre i responsabili a risarcire le società danneggiate e a chiudere questa triste vicenda?». L’aspetto venale è diventato l’unico rilevante di tutta la lunghissima vicenda di CalciopoliAntonio Giraudo – spiega la Cassazionenel motivare la sentenza di prescrizione del rito abbreviato, per l’ordinario in cui sono coinvolti Moggi De Santis bisogna ancora aspettare – è prescritto, non assolto, e perciò condannato a risarcire le parti civili. Pagheranno lui e, almeno per quanto riguarda il Bologna (il Brescia si rifarà su Lazio e Fiorentina), la Juventus, per cui Giraudo ricopriva il ruolo di amministratore delegato: la cifra la stabilirà un giudice civile, ma realisticamente stiamo parlando di decine di milioni, una parte dei quali spetterebbe anche alla Figc. Che farà ora Tavecchio?

«CONSAPEVOLE» La Cassazione conferma la sussistenza, benché prescritta, di un’associazione a delinquere che alterò le partite del campionato 2004-05, in cui Giraudo – uscito dall’Appello con una condanna ad un anno e otto mesi di reclusione per associazione a delinquere e frode sportiva – era coinvolto in modo diretto e consapevole. La Suprema Corte respinge i 13 motivi di ricorso presentati da Giraudo. Il quale è coinvolto nella «predisposizione delle griglie arbitrali», di cui la Cassazione ribadisce la rilevanza penale; negli «incontri privati spesso tenuti a ridosso delle partite»; nell’acquisto e utilizzo delle schede svizzere, «… da distribuire a quei soggetti con i quali avrebbe dovuto, di volta in volta, interfacciarsi per il perseguimento di determinate esigenze, ponendosi al riparo di occhi e orecchi indiscreti: e tale sistema inusitato e per certi versi ingegnoso» costituisce «la base fondante del funzionamento dell’associazione, come esattamente ritenuto dalla Corte d’Appello». Ecco, serve altro?

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