(E. Curro’, L. Pagani) – Il sì o il no al nuovo stadio del Milan nel 2019 slitta ancora: a domani, se è un’asta a chi offre di più, oppure più in là, magari all’anno prossimo, se è soprattutto una questione politica. Ieri Fondazione Fiera non ha scelto tra i due progetti per la riqualificazione del Portello: l’impianto da 48 mila spettatori del club o la passeggiata ciclopedonale sopraelevata con hotel da 350 camere del costruttore bergamasco Vitali. Queste le acrobazie in burocratese: «Si è deliberato all’unanimità di dare mandato al presidente Benedini di incontrare nuovamente e senza indugio i due concorrenti per una risposta definitiva ed esauriente ai punti che a tutt’oggi risultano ancora non definiti».
ll bando risale ormai a sei mesi fa: la locuzione “senza indugio” suona beffarda. Si cerca un compromesso tra i soldi da incassare e le esigenze del quartiere. Sia Vitali sia il Milan sembrano pronti a rilanciare. Il club, che in caso di bocciatura dovrebbe ripiegare sull’area Falck di Sesto o sull’Expo, si è offerto di pagare i lavori di bonifica (15 milioni), che sommati ai 35 per l’area e ai 300 per la costruzione fanno 350. «Non abbiamo dubbi che la nostra proposta possa essere accettata», ha detto Berlusconi venerdì scorso. Nel comitato di gestione della Fondazione ci sono esponenti del mondo economico che devono la loro nomina a Forza Italia: c’è chi suggerisce di aspettare, l’anno prossimo, un nuovo sindaco e una nuova giunta. Quella attuale (il centrosinistra guidato di Pisapia) è scettica per le contestazioni dei cittadini al progetto stadio.
Il business Milan, intanto, ha ripreso vigore, come attesta il mercato: ieri visite mediche e firma per Josè Mauri, mentre i contatti col Psg per la cessione di Mastour sottintendono quelli per l’acquisto di Ibra e si aspetta di partire all’assalto di Romagnoli. L’ammorbidimento del fair-play dell’Uefa permette maggiori spese: basta presentare un piano aziendale quadriennale e la garanzia di nuovi investimenti.
Si dovrebbero concretizzare con la firma del thailandese Bee Taechaubol entro fine mese per il passaggio del 48% delle azioni alla cordata di cui fanno parte due banche: ADB di Abu Dhabi e la cinese CITIC. L’operazione, oltre allo sviluppo commerciale del marchio Milan in Estremo Oriente, prevede la quotazione in Borsa (Hong Kong la più probabile), con la quale la famiglia Berlusconi scenderebbe per la prima volta sotto la quota di maggioranza. Ma esisterebbe anche una clausola: Fininvest può cedere il suo 51% alla cordata di Mister Bee, obbligata a comprarla al prezzo già stabilito per il passaggio del ”primo” 48%.