(M. Sconcerti) Forse la Roma ha raggiunto la Juve. Questo non vuol dire batterla, ma non c’è più la differenza di un anno fa. La Roma è l’unica squadra che ha aggiunto giocatori senza perdere nessuno. Va da sé che il mercato è ancora aperto e ci si aspettano cambiamenti.Ora come ora però la Roma ha messo Dzeko e Salah dentro la squadra dei suoi 70 punti mentre la Juve ha cambiato molto. Ha cambiato bene, ma il rischio del nuovo esiste, soprattutto per chi con il vecchio vinceva.
In generale le grandi novità degli ultimi 5 anni, un’intera generazione nel calcio, vengono proprio dalla difficoltà di Milano e l’assestamento di Roma. È sempre la città che dà una base alle proprie squadre. Roma è stata per novant’anni una città da cartolina, sospesa tra palazzinari e dolce vita. Si parlava molto di Roma ma le decisioni vere del Paese erano prese in altri luoghi, soprattutto Milano. L’informazione moltiplicata e l’attenzione alla politica come occhio sulla vita vera, ha portato a Roma l’importanza che non aveva. Oggi si discute della città come riferimento di qualunque male ma fatalmente anche di ogni possibilità. Si decide tutto a Roma, probabilmente troppo, ma lì. Questo ha chiuso il cerchio tra attualità e storia, ha costruito importanza e anche una ricchezza d’elite che prima non esisteva o amava mascherarsi. La squadra di Roma potrà vincere o perdere, ma non sarà più la Rometta del secolo scorso. Sarà una realtà come le squadre milanesi, che non a caso hanno perso identità. Questa forza politica, questo vivere in modo pesante la realtà del Paese, è uno dei fatti costituenti di una grande squadra. Roma non è di un cinese o di una catena di società off shore. È di un imprenditore americano che ha investito tutto sul marchio Roma. Il calcio dura poi lo spazio di un mattino ed è legato a cento probabilità. Ma il fatto nuovo è questa realtà romana e romanista inevitabilmente destinata a durare.
La Juve ha tutto per vincere tranne la vecchia identità. Credo che Dybala sia il meglio che c’è, ma i cambiamenti costringono la squadra a ricominciare. Oggi c’è più equilibrio tra gli avversari, molti sono cresciuti e la Juve forse no. Siamo ancora ai vertici, ma con prudenza. È lì che si aprono i dubbi sul pronostico.
Mi piace molto il Milan, amo Bacca, un attaccante dal talento vecchio, di quelli che prediligono ancora puntare dritto gli avversari. Non so se abbia già l’equilibrio della grande squadra, se il centrocampo sappia fare un buon lavoro di costruzione. Ma ho la sensazione che sia la terza squadra in corsa. Meno l’Inter, molto complessa, quasi cervellotica, forse un po’ lenta nel modo di arrivare agli ultimi venti metri. Senza grande personalità complessiva, ma con solisti quasi eccezionali. Icardi e Jovetic hanno pochi paragoni in Italia. E se giocano loro può importare poco anche se Kondogbia impiega tempo ad ambientarsi. C’è tra la squadra e Mancini quasi un abisso di intenzioni. Mancini ha molta più intelligenza della squadra. Ma capire troppo non è capire bene, è andare fuori dal quotidiano. Qualcuno nell’Inter dovrà fare un passo verso l’altro, i giocatori o Mancini. Da troppo tempo siamo alle intenzioni.
Il Napoli ha un bell’aspetto e un tecnico di molte suggestioni. Il quale però, prima di Empoli, ha messo insieme 4 esoneri in 5 anni. Anche qui bisognerà vedere il peso della realtà. Però il Napoli ha l’apparenza di una squadra completa, non migliore di un anno fa, ma più dentro le cose, più competitiva. Piace molto la Lazio soprattutto se continueranno a crescere i suoi solisti (Candreva, Anderson, Keità, Biglia, Parolo, lo stesso Milinkovic). Scende di fascia la Fiorentina legata a troppe scommesse (Rossi, Babacar, Bernardeschi, Borja Valero mediano, il solito Tomovic terzino, Sepe o Tatarusanu fa lo stesso). Si assesta in una zona brillante e dura dove trovano posto Samp, Genoa e Torino. La migliore di questo gruppo, andando al meglio, potrà arrivare al sesto posto.