(G. De Carolis) – Spesso battute, a volte surclassate. La campagna estiva delle italiane è stata una Waterloo. Il calcio di luglio-agosto ha lasciato dubbi e poche certezze. Una è la Fiorentina del nuovo tecnico portoghese Paulo Sousa, unica (bella) sorpresa di un precampionato da archiviare in fretta per le altre.
È andata malissimo per le squadre di casa nostra contro le rivali europee e non tutto può essere giustificato dal ritardo di condizione. Su 25 amichevoli giocate, Juve, Milan, Inter, Roma, Napoli, Lazio e Fiorentina ne hanno vinte appena tre. I viola si sono distinti, battendo prima il Barcellona e poi il Chelsea, ma è stato un jolly pescato in un mazzo d’amarezza, perché l’altro successo lo ha infilato la Juve superando di misura i polacchi del Lechia Gdansk. Magra consolazione per i bianconeri, sconfitti da Borussia Dortmund e Marsiglia e falcidiati da infortuni e cartellini rossi.
I risultati parlano, non sempre spiegano. La stagione scorsa ha calato il suo sipario lasciando la Juventus in finale con il Barcellona e un carico di speranze al calcio italiano, tornato a grandi livelli dopo anni di precoci eliminazioni dalle coppe. I risultati di luglio pesano poco, però pure la Samp in Europa League è già stata messa alla porta. Campanello d’allarme, ma gli indizi iniziano a essere mezze prove.
La Roma, tra le più accreditate anti-Juve, si era comportata benino nella tournée oceanica pareggiando nei tempi regolamentari con Real Madrid e Manchester City, mostrando gioco e gol. Tornata in Europa le ha prese dallo Sporting Lisbona e dal Barcellona. Con i catalani è la norma, meno con i portoghesi. E non può rallegrarsi di aver testato le qualità del nuovo portiere Szczesny, spesso migliore in campo.
In ritardo clamoroso appare l’Inter. Sei amichevoli, cinque sconfitte (Bayern, Milan, Real Madrid, Galatasaray), un pari e una sola rete (su rigore) al 93’ nell’1-1 contro gli arabi dell’Al-Alhi. Mancini sta sperimentando e tenta di coagulare una squadra rifondata dopo il mercato: «L’importante ora è non farsi male, i risultati non contano». Le punte però si sono astenute dal timbrare il cartellino, il centrocampo non ha mai scartato un dono per gli attaccanti, la difesa ha maglie larghe e si perde in spazi troppo aperti. I nomi ci sono, per ora però non bastano e chissà se domani nell’amichevole a Parma con l’Atletico Bilbao si riuscirà a vedere un avanzamento dei lavori. Mancini è un meccanico con un motore ancora non avviato, Mihajlovic un pilota finito in testacoda dopo un bel giro veloce: la vittoria nel derby d’Oriente contro i nerazzurri. Il Milan aveva perso a Lione non demeritando però e mostrando anzi buon carattere e intensità. Aver battuto l’Inter e impattato con il Real, senza subire reti, licenziava buoni pensieri. Cancellati da due ceffoni, lo 0-3 con il Bayern Monaco, seguito dallo 0-2 piazzato dal Tottenham. Mihajlovic ha ammesso: «C’è molto da lavorare, se l’anno scorso abbiamo preso 50 gol non si può pensare di risolvere tutto in un mese». Vero, ma i nodi non si sciolgono. La difesa non è completa come va ripetendo il serbo, il centrocampo di fronte allo specchio di squadre tecniche non ha mostrato il suo volto migliore, il reparto avanzato ha creato qualcosa ma senza squilli, con gli unici gol in cinque partite arrivati da Poli e Mexès.
Anche la Lazio non ne ha indovinata una, anzi ha fatto il pieno di sconfitte: tre su tre. Il Napoli si è limitato a perdere con il Nizza. L’allarme c’è, nonostante le rassicurazioni degli allenatori. E mancano i gol, appena 16 in 25 partite. Una miseria se confrontati ai 41 incassati. I conti non tornano. È calcio d’estate, se davvero non vale nulla lo dirà il tempo.