(G. Piacentini) Dopo le esagerazioni dialettiche dello scorso anno e i proclami da scudetto post 5 ottobre – puntualmente rinfacciati dalla piazza nei momenti di difficoltà -, stavolta Rudi Garcia ha scelto il basso profilo alla vigilia della gara contro la Juventus.
Niente slogan, né frasi ad effetto, al massimo qualche (innocente?) bugia sulla formazione che manderà in campo, ma questo ormai fa parte, alla sua terza stagione sulla panchina giallorossa, dell’essere diventato a tutti gli effetti italiano, anche nel modo di comunicare.
A disturbare la vigilia la circostanza, comune a tutti gli allenatori nelle prime giornate di campionato, di dover mandare in campo calciatori che domani potrebbero indossare un’altra maglia: è il caso di Iturbe, Ibarbo, Ljajic e Paredes, in uscita ma non ancora ceduti. «Il mercato è aperto – le parole di Garcia -, ma non deve influire nella testa dei giocatori. Dobbiamo essere concentrati e pensare solo a vincere».
Una vittoria garantirebbe quindici 15 giorni di serenità – il campionato poi si ferma per le nazionali – e un vantaggio di quattro punti sulla Juventus. Il tecnico francese sa che cosa la Roma deve cancellare rispetto alla gara d’esordio contro l’Hellas. «Voglio vedere un ritmo alto. Dobbiamo iniziare come se fossimo in svantaggio e giocare subito per vincere: a Verona lo abbiamo fatto solo dopo aver preso il gol. Prima non era stato tutto da buttare, ma il ritmo doveva essere più alto, anche se il campo ci permetteva poco di far girare la palla».
Garcia non cade nella trappola di considerare la Juventus meno forte, nonostante le partenze pesanti di Tevez, Vidal e Pirlo: «Hanno perso giocatori importanti, ma ne sono arrivati altri dello stesso livello. È la squadra che ha vinto gli ultimi quattro campionati. La sconfitta alla prima giornata, in casa, contro l’Udinese? All’inizio del campionato nessuna squadra è pronta. Noi, in settimana, abbiamo lavorato per arrivare al massimo della condizione. È particolare giocare un match così importante alla seconda giornata, ma questo dettaglio non importa: dobbiamo giocare per vincere, sfruttando anche il fatto che saremo in casa, davanti ai nostri tifosi».
Sulla formazione alcune le cose non le dice né le fa intendere («Totti e Dzeko insieme? Possiamo giocare in tanti modi»), altre le dice ma c’è il sospetto che non sia sincero fino in fondo. Come quando parla dell’utilizzo di Torosidis, al posto del suo pupillo Digne: «Al 90% ho già in testa la squadra che manderò in campo. Maicon? È recuperato, ma non è ancora al massimo della condizione. Se, come penso, Torosidis starà bene, dopo l’affaticamento degli ultimi giorni, a sinistra giocherà lui. Dobbiamo dare a Digne il tempo di ambientarsi».
Detto dall’allenatore che l’anno passato ha fatto giocare Doumbia e Gervinho poche ore dopo il rientro dalla Coppa d’Africa (e da una settimana di festeggiamenti), resta forte il dubbio che sia pretattica.