(D.Stoppini / M.Calabresi) – «Tutto a posto, sei mesi e torno». Perché il saluto (immaginario, eh) di Seydou Doumbia oggi è questo, un prestito fino a dicembre al Cska Mosca e poi la Cina, «boh, ma quale Cina, torno a Roma e vi faccio vedere quello che dovevo essere e non sono stato». Doumbia prestato alla squadra da cui la Roma l’aveva acquistato a gennaio, per 14,4 milioni, senza contare i bonus. Quello che doveva essere — già allora — Mohamed Salah, (non) è poi stato Doumbia, per quello che oggi a Trigoria riconoscono come un errore, pur sottolineando come l’ivoriano fosse all’epoca cercato da molti club. È che Doumbia è partito col piede sbagliato.
Non è neppure partito, per la verità. Una storia al contrario: lo acquisti a gennaio, ma è in Coppa d’Africa. Non riesce neppure a fare le visite mediche, lo aspetti a metà febbraio. Quando arriva ha ancora i coriandoli in testa per la vittoria della Coppa d’Africa e l’allenatore, neppure 48 ore dopo lo sbarco a Roma, lo mette titolare, all’Olimpico, contro l’ultima partita del Parma prima del «botto» di Manenti. E invece il botto lo fa Seydou, che timbra un record destinato a durare nel tempo almeno quanto quello di Mennea sui 200 metri: fischi di uno stadio intero nel giorno del debutto, al momento della sostituzione, ancor prima della presentazione ufficiale che sarebbe avvenuta il giorno dopo.
IDOLO E invece Seydou rideva sempre, solo i dolori alla schiena lo facevano soffrire. Doumbia è stato tutto questo. È stato un video che a Roma è diventato cult, quel «Gradele gradele» mentre faceva hydrobike in piscina, canzoncina in realtà dedicata al compagno di nazionale Max Gradel. È stato un paio di gol a Sassuolo e Genoa, «e anche grazie a quelli siamo arrivati secondi», ricorda Sabatini. È stato la foto con il ciuccio, il colletto alzato alla Cantona, un messaggio di ringraziamento su Instagram «per avermi supportato», una pagina su Facebook («Non si vende Doumbia», hashtag virale) con oltre 3.300 like che ha preferito l’ironia all’insulto. Merito di Boris e Giordano di giornalettismo.com , che lo salutano così: «Fra sei mesi torna e noi lo aspetteremo. La Cina? Non crediamo al complotto anti Doumbia, lo faremo tornare a Roma tutti insieme». Per come è andata questa storia, non ci sarebbe mica da stupirsi.